Carlo Nicolato per “Libero quotidiano”
Non deve affatto dormire sonni tranquilli Angela Merkel, il cui sogno di fine primavera è quello di un' Europa democratica ma senza elezioni, un continente in cui siano garantiti tutti i diritti accessori tranne quello di voto, a meno che naturalmente non sia lei stessa a beneficiarne. Talmente abituata a stare al potere - lo è, unica in Europa e in ogni Paese democratico, dal 2005 - che vorrebbe che niente nei suoi paraggi si muova affinché non si turbino gli equilibri così faticosamente costruiti attorno al teutonico baricentro.
E invece le tocca far fronte a una realtà che più che un sogno pare un incubo, dove i governi cadono, si fanno elezioni e se ne eleggono altri. Dove man mano gli amici fidati se ne vanno, bocciati sistematicamente da quei popoli che Angela considera noiosi intralci, e vengono sostituiti da altri governanti che hanno sempre meno voglia di accodarsi al suo potere.
Dopo i maldipancia italiani non vuoi che anche in Spagna qualcuno desse fuori di matto e facesse saltare in men che non si dica quell' accomodante premier barboncino di nome Rajoy, tanto fedele da aver perfino ingabbiato, col suo consenso, i pericolosi rivoluzionari catalani che minavano mercati e quieto vivere?
Eppure da ieri Mariano Rajoy, anche lui, non è più premier, affondato insieme ai suoi corrotti compagni di partito e silurato dalla mozione di sfiducia dei socialisti. Ben poca consolazione per la Merkel sapere che, per il momento, la Spagna non andrà prematuramente a elezioni come ha fatto l'indisciplinata Italia, perché il governo che prenderà il posto di quello di Rajoy sarà verosimilmente composto, oltre che dai socialisti di Sanchez, dagli ex antieuropeisti di Podemos, dai comunisti e dai separatisti di varia natura che non vedevano l' ora di potersi vendicare dell' ex premier.
IN MINORANZA
C'è poco da star sereni visto che oltretutto l'alternativa A è un altro esecutivo senza la maggioranza dei seggi, composto solo dai socialisti, che rischia solo di sommare confusione su confusione, creando ulteriore instabilità e minando un'economia in salute ma già ferita dalla vicenda catalana.
Sanchez, che ha comunque cercato di rassicurare l' Europa sostenendo che le linee guida della Finanziaria dettata dal predecessore saranno rispettate, avrebbe preferito andare subito a elezioni piuttosto che fare da bersaglio agli impallinamenti. Ed era un po' quello che chiedevano tutti a Rajoy, che cioè desse subito le dimissioni per facilitare la pratica.
IL DECLINO
RAJOY GENTILONI HOLLANDE MERKEL
Ma Mariano, che evidentemente ha imparato la lezione dalla sua mentore teutonica, ha tenuto duro facendo scattare il meccanismo della «sfiducia costruttiva». Sembra che, anziché ascoltare le dichiarazioni di voto dei vari gruppi in Parlamento, Rajoy abbia trascorso otto ore nella saletta privata di un ristorante non lontano dalle Cortes con i suoi collaboratori e ministri più fedeli cercando di convincerli della sua scelta. Secondo molti invece ha così decretato il declino irreversibile del suo partito.
Insomma, nel giro di poco tempo la Merkel li ha persi tutti i suoi fidi compagni di avventura, dal popolare Rajoy per l' appunto, fino al socialista Hollande, passando per Gentiloni; e senza dimenticare Cameron con tutta la Gran Bretagna, e il greco Samaras.
GENTILONI MERKEL HOLLANDE RAJOY
La sua alleanza si è trasformata in un boomerang per tutti quelli che l' hanno sperimentata, e un disastro quasi irreversibile per tutti i partiti che volenti o nolenti l' hanno sostenuta.
Perfino i cugini austriaci con l' arrivo di Kurz e dell' ultradestra dell' Fpo hanno preso le distanze. Per non parlare di tutto l' est, da Orban in su. Si è ritrovata sola con l' olandese Rutte e l' inconsistente belga Michel, oltre naturalmente al suo allegro compare della Commissione che preferisce garantire, lo ha detto lui stesso, i diritti degli africani in Italia, piuttosto che quelli dei «corrotti» italiani o dei greci.