Goffredo De Marchis per la Repubblica
Come l’Oracolo del film Matrix, Ugo Sposetti ha scelto l’eletto, colui al quale affidare il patrimonio culturale, storico, morale del Partito comunista. E anche quello, molto appetito, economico che si compone di 2500 immobili, blindati in 57 fondazioni e 5 associazioni (valore stimato mezzo miliardo di euro), opere d’arte (Guttuso, Mazzacurati e altri minori) e una folgorante collezione di memorabilia, spaccato di 70 anni di comunismo italiano, perlopiù conservata nel deposito di Via Sebino a Roma. L’eletto è Andrea Orlando.
Il ministro della Giustizia corrisponde all’identikit che il tesoriere dei Ds, gestore del “tesoro” del Pci, va cercando da tempo. Ha 22 anni meno di lui, ha la fiducia di tutti i grandi vecchi comunisti a partire da Giorgio Napolitano, ha entrambi i piedi radicati nel Partito democratico, senza alcuna tentazione scissionistica. Una decisione che ha non solo, quindi, un valore fiduciario e affettivo, ma rappresenta un legato politico: si sta nel Pd e non ci si muove. L’asse ereditario non va nè in direzione della Ditta (Bersani) nè verso la via di fuga di Massimo D’Alema, del quale Sposetti è certamente amico ma con il quale non vuole essere confuso politicamente.
ugo sposetti emanuele macaluso massimo d alema
La conferma dell’investitura si è avuta il 21 gennaio, alla festa per i 70 anni del tesoriere. Al tavolo d’onore sedevano, oltre al festeggiato, Napolitano, Emanuele Macaluso, Piero Fassino, Aldo Tortorella, D’Alema e, unico under 50, Orlando. In quanto ministro? «In quanto prescelto», risponde uno degli invitati a Palazzo Pallavicini-Rospigliosi, un tempo sede di cupe riunioni dell’aristocrazia nera, per un giorno luogo di festa dei leader dei lavoratori.
Niente è ancora stato scritto. Sposetti continua a gestire quella che chiama «l’azienda» in prima persona. E a respingere con le sue forze gli attacchi di pezzi del Pd che insistono per avere il controllo della “roba”. L’ultimo è di Francesco Bonifazi, tesoriere di Largo del Nazareno. Il quale racconta in giro strane storie per spaventare il gruppo dirigente e mettere le mani sul tesoro. «Nelle fondazioni il posto in Cda passa di padre in figlio. A Firenze uno di loro è morto e il figlio grillino vuole prendersi il bene per darlo ai 5stelle», ha spiegato ai colleghi.
NAPOLITANO AL TELEFONO AI TEMPI DEL PCI jpeg
Bonifazi pensa addirittura a una class action degli iscritti per strappare gli immobili alle Fondazioni ex Ds. Sposetti non si fa intimorire. Con l’età è diventato più sentimentale. Al Senato per esempio ha “adottato” il maschietto di Barbara Lezzi (che si chiama Attila Cristiano) e la bimba di Manuela Serra, due senatrici grilline. Li cura nell’area di Palazzo Madama destinata alle mamme. Li riempie di regalini e di coccole. Quando ne parla gli occhi gli brillano. “Nonno Ugo” però, se si tocca il patrimonio, tira fuori gli artigli.
Al momento della nascita del Pd, i patti furono chiari: separazione dei beni, come nei matrimoni. Sposetti aveva già preparato la mostruosa opera di messa in sicurezza del tesoro ex comunista, della quale va molto orgoglioso. Anche perché dall’altra parte la Margherita, di cui il renzismo è una costola, si rivelava piuttosto distratta nella gestione dei suoi soldi affidandoli a Luigi Lusi, il tesoriere poi finito nei guai. Dunque Sposetti non vede spazi per ricorsi in tribunale.
Il patrimonio, dice, è già a disposizione del Partito democratico: quasi tutti i circoli si trovano lì, gli affitti sono simbolici, a volte si chiede solo di pagare le tasse. «Il problema infatti non è giuridico, ma politico — dice il presidente del Pd Matteo Orfini —. Non si capisce perché quel patrimonio debba essere in pratica privatizzato e non nella piena disponibilità del partito».
L’offensiva è appena cominciata. Anche per questo Sposetti ha pensato a un “successore”. Orlando ha le caratteristiche adatte all’impresa. La gavetta che piace agli ex Pci: funzionario, consigliere comunale, segretario locale, parlamentare, commissario di partito in zone difficili. Il legame con quella storia. Un tratto di riservatezza che ben si concilia con i milioni in ballo. Ed è una scelta nel solco del Pd. Il ministro ha un profilo unitario, è in ascesa (non è esclusa una sua candidatura a segretario) e alla fine potrebbe essere proprio lui a traghettare il tesoro nel Pd.