Annalisa Cuzzocrea per “la Stampa”
C'era un'aria rarefatta e grave alla Camera durante la commemorazione del presidente del Parlamento europeo David Sassoli. «È tempo di unire le voci, di fonderle insieme», ha detto Enrico Letta citando David Maria Turoldo. Chi gli stava accanto, ha pensato che quel richiamo, quelle parole, non fossero un caso. La scelta del prossimo presidente della Repubblica ha bisogno di gravità e unità. Per questo il segretario dem è convinto, e lo ripeterà aprendo la direzione di sabato, che debba essere il più larga possibile.
Per la stessa ragione, un pezzo di centrosinistra continua a essere convinto che in questa fase la soluzione migliore sia - ancora - la permanenza al Colle di Sergio Mattarella. Il capo dello Stato ha fatto smentire a più riprese la sola possibilità. Eppure c'è un piano - trasversale - che va in quella direzione. Con uno schema nuovo: il tentativo di convincere Matteo Salvini a farsi portavoce dell'appello.
meme sull'incontro tra sergio mattarella e matteo salvini
Non è dal centrosinistra che deve levarsi la prima voce. Anche per questo hanno dato fastidio le uscite dei senatori M5S e dei giovani turchi dem. A fare il primo passo, a dire a Mattarella «resta», dovrebbe essere proprio il leader della Lega. Cercando di portarsi dietro il centrodestra o quanto meno Silvio Berlusconi, una volta certificato che non ha i numeri per prevalere, nonostante gli strenui tentativi delle ultime settimane. Di quest' eventualità Letta ha parlato nelle ultime ore con un ex segretario centrista.
SERGIO MATTARELLA CON LA DELEGAZIONE DELLA LEGA - MATTEO SALVINI MASSIMILIANO ROMEO RICCARDO MOLINARI
E ieri sera, a Di Martedì, ha detto chiaro che certo, se la persona che unisce tutti fosse Mattarella «sarebbe il massimo». Ripetendo a microfoni spenti, ma con un sorriso, «non credo si convinca». Lo stesso scenario - la destra che si convince a fare un appello per la stabilità del quadro - è stato presentato dal ministro del Lavoro, Andrea Orlando, in un in un giro di incontri con rappresentanti diplomatici europei, facendo capire che è qualcosa di più di un desiderio.
Spiega un ministro: «Dopo quello che Berlusconi ha fatto trapelare durante la conferenza stampa di Draghi, anche per lui la mossa più onorevole potrebbe essere andare su Mattarella, certificando l'impossibilità per questo Parlamento di eleggere un nuovo capo dello Stato». Insomma, quello di Salvini non dovrebbe essere per forza un parricidio, anche se il segretario leghista risulterebbe colui che dà le carte, il king maker dell'elezione più importante di tutte: in una parola, il leader della coalizione. Giorgia Meloni continua a dire, lo ha fatto anche ieri sera a Rete4, che lei su quella strada non è disposta ad andare. «Non si sente garantita da Mattarella», spiega chi ci ha parlato.
E quindi ripete: «La conferma del presidente della Repubblica uscente non può diventare una prassi, ma conosco i miei polli: so che cercheranno anche stavolta di usare i dati, la pandemia, i contagi, per dire "fermi tutti non si deve muovere niente", perché non si devono muovere loro».
Fratelli d'Italia però ha un drappello di 37 deputati e 21 senatori. Se il resto dei 1009 grandi elettori fossero uniti potrebbe essere ininfluente anche per le intenzioni di Mattarella. Almeno questo è quello che spera chi lavora a questo scenario, nel timore che non ci sia un piano B accettabile. Che cioè la via per Draghi si sia fatta troppo stretta.
Nonostante perfino ai ministri sia ormai arrivata la sensazione netta che la volontà del presidente del Consiglio sia quella di cambiare ruolo e scena, dopo questi mesi alla guida di un governo complicato dalla stessa ampiezza della sua maggioranza. Si telefonano, i ministri, chiedendosi: «Allora, hai mandato i curriculum? Pronto al trasloco?».
Si sentono in bilico, anche se i numeri che hanno scambiato con il ministro della Salute, Roberto Speranza, fanno davvero pensare che congelare il quadro attuale sia l'unica via possibile. «Se alla fine della settimana prossima ci saranno 150 positivi tra i parlamentari e 300mila a livello nazionale - dice uno dei giocatori di questa sciarada - ci saranno tutti i presupposti per invocare Mattarella e l'unità nazionale».
A quel punto starà a Salvini decidere. I pontieri di questi giorni freddi non sono troppo ottimisti. Speravano nell'appoggio dei governatori leghisti del Nord, ma per ora, facendo il punto tra di loro, Zaia, Fontana, Fedriga si sono detti: «Mandiamo Draghi. Al governo non rimangono più tanti mesi davanti e il presidente del Consiglio ha dimostrato di saper dialogare con noi».
CONTE SALVINI DI MAIO MOAVERO MATTARELLA
Quanto a Silvio Berlusconi: «Non è che siamo noi a dirlo, non ha i numeri davvero. Ed è escluso che li trovi». C'è poi un altro elemento che, sempre secondo un ministro, potrebbe spingere verso la stabilità: «Chiedere a Mattarella, come avevamo pensato fin dal primo momento, di restare fino alla fine dell'emergenza, darebbe a tutti, per primo a Draghi, la speranza di poter ritentare tra un anno e mezzo. Quando il quadro sarà più stabile. Il premier avrebbe il tempo di finire il lavoro. Salvini e il centrodestra possono sperare di avere numeri migliori dopo le prossime politiche».
Sono tutti ragionamenti che vivono in Parlamento e nelle segreterie di partito e che non hanno ancora nemmeno sfiorato il Quirinale, che ha reagito con forza davanti a molto meno. E sono ipotesi che, comunque vada, prevedono un terremoto nel centrodestra. «La Lega potrebbe mollare Berlusconi - prevede Giorgio Mulè, deputato forzista al fianco dell'ex Cavaliere in questa battaglia - ma non prima di avergli dato una prova d'amore alla quarta votazione. Altrimenti va a finire male. Ma che il fronte possa incrinarsi è possibile, ci sono già tutti i segnali».