Estratto dell’articolo di Valerio Valentini per “il Foglio”
matteo piantedosi alla camera 4
[…] Che non sia solo nel mobilio, la discontinuità di forme e di apparati rispetto a una stagione, quella del salvinismo al Viminale che pure lo vide protagonista, Matteo Piantedosi ci terrà a ribadirlo più volte […].
“Semmai è un paradosso bizzarro, che mi colpisce”, racconta, nel suo impeccabile abito blu, voce profonda e inflessione partenopea da Toni Servillo, sedendosi sulla sua poltrona d’ordinanza. “Quando era capo di gabinetto dell’allora ministro Salvini, voi cronisti vi divertivate a dire che il vero ministro, quello che mandava avanti la macchina, ero io”.
IL CASO MATTEI - PIANTEDOSI E SALCINI BY EMILIANO CARLI
Era l’epoca, del resto, in cui Salvini il Viminale lo usava appunto come set cinematografico improvvisato, per poi dedicarsi, più che altro, ai tour elettorali in giro per l’Italia. “Ora, invece, ora che il ministro sono io davvero, c’è come una tendenza a insinuare che in realtà sarei controllato da altri, privo di una mia indipendenza”. E’ il “ventriloquo di Salvini”, dice di lui Simona Malpezzi, del Pd. “Ecco, appunto”.
[…] “Che la Lega ritenga di volersi fregiare della mia lealtà, non può che farmi onore. Ma devo dire che, finora, riscontro una medesima piena condivisione di vedute e d’intenti con tutti i partiti della coalizione di governo”. Equidistante, insomma? “Equivicino, semmai”.
[…] Dunque l’avellinese Matteo Piantedosi, classe ’63, figlio della più fervida tradizione della Dc irpina, di un padre, preside, grande amico di Fiorentino Sullo, per chi ha votato alle ultime elezioni? “Curiosità legittima, comprendo. E so che comprenderete se non vorrò soddisfarla”. Attimo di silenzio. Poi, quasi deluso per la nostra delusione, riprende: “Ma credo che sul proporzionale il voto si desse alla coalizione, no? Ecco, allora posso cavarmela così”.
Uomo di destra, dunque, lo si può affermare senza remore. “Se mi descrivete come tale, non mi offendo”. […] E Piantedosi, appunto, è un tecnico o un politico? “Non può esistere un ministro non politico”. Anche se guida quel Viminale che, dopo gli eccessi del salvinismo, s’è detto che andava depoliticizzato? “Non so chi abbia rinvenuto questa esigenza, francamente. Ma l’azione di un ministro, ovviamente ancorata a valori condivisi come il rispetto della Costituzione e la salvaguardia degli interessi della nazione, è sempre politica. Tanto più in un governo come quello di cui faccio parte”.
matteo piantedosi al compleanno di nunzia de girolamo
[…] Accidenti se è pronto, per la politica. E la politica, però, sembra forse quella che manca al governo italiano sulla questione dei migranti. Molti proclami, molte rivendicazioni spesso supportate da evidenze giuridiche alquanto fumose (del tipo: “se la nave batte bandiera norvegese, se li prenda la Norvegia i clandestini”), ma l’impressione che in Europa ci sia poca disponibilità ad ascoltare le ragioni dell’Italia.
Sicuri, allora, che aver innescato quella mezza crisi diplomatica con Parigi per 234 persone sia stata una scelta saggia? “Noi abbiamo solo mostrato una postura di fermezza di fronte a una nave che cercava di forzare le nostre disposizioni. E lo abbiamo fatto, peraltro, applicando una norma introdotta dal Conte II. E’ stata una scelta che ha pagato, se è vero che per settimane, poi, le partenze dalle coste della Libia si sono di fatto interrotte”.
E qui Piantedosi prova a confutare anche l’evidenza dei numeri che gli viene posta. “Certo, quelli effettuati dalle ong rappresentano, nel complesso, non più del 10 o 15 per cento degli sbarchi complessivi”. Appunto. Come si può non pensare che l’esasperazione dei toni su queste organizzazioni non tradisca scopi elettoralistici? “Ma non si può non vedere che la presenza delle ong nel Mediterraneo costituisce un fattore di attrazione, un incentivo alle partenze”.
matteo piantedosi carlo nordio
[…] Sicuri che non si sia sbagliato nulla, qui a Roma? “Non una dichiarazione né ufficiale né informale è uscita dal mio ministero in quelle ore”. Dal Viminale no. Ma Salvini fece post di questi toni: “La linea dura paga: i francesi aprono i porti. L’aria è cambiata”. E via trionfando. “Non dal Viminale. E in generale non credo sia stata questa o quella dichiarazione di un qualche ministro a indispettire i francesi”.
matteo piantedosi alla camera 1
Che comunque, però, si sono indispettiti. “Col mio omologo Darmanin ci siamo confrontati nella sede a ciò preposta, e cioè il Consiglio per gli Affari interni dell’Unione europea. E sul merito delle misure da prendere, i nostri interventi sono stati perfettamente sovrapponibili. Dove conta davvero, nell’assise più importante a livello comunitario, non s’è registrata alcuna divergenza di vedute”.
piantedosi salvini meloni tajani
Una puntualizzazione così insista, questa di Piantedosi, che sembra voler sottintendere una certa volontà di distinguere la cagnara dalla diplomazia, le ragioni della propaganda da quelle del governo. Lui si diverte per l’annotazione, non si scompone. “Questo lo dite voi, e ve lo lascio dire. Io non posso che notare che il problema migratorio è un problema europeo, che nessun paese può illudersi di affrontare con le sue sole forze”.
[…] La sicurezza come metro di giudizio immancabile della realtà: l’istinto del prefetto che riemerge, sempre e comunque. “E’ la mia vita. E’ inevitabile. Avevo 26 anni quando sono entrato in servizio alla prefettura di Bologna, città a cui resto legatissimo. E poi Lodi, e poi Roma, appunto. Sempre da prefetto”. Un irpino del mondo, di prefettura in prefettura. Piantedosi spegne il sigaro, si alza. Sempre affabile. “Un italiano che ha l’orgoglio di essere italiano. Troppo banale, come congedo?”. Non originalissimo, bisogna riconoscerlo. Ma in politica nulla è più nuovo del giù usato, in quanto a slogan. Magari, nel futuro prossimo, chissà.
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