A.Bul. Per il Messaggero
C'è chi è pronto a scommette che l'intenzione alla fine sia proprio quella: «Vedrete che farà la scissione e si butterà sul centro», ripetono nei conciliaboli alcuni dei fedelissimi di Giuseppe Conte. «Nessuno vuole andarsene ribattono gli uomini vicini a Luigi Di Maio ma se ci rendono impossibile restare...». È il bivio che si para di fronte all'ex capo politico dei Cinquestelle: continuare la battaglia nel Movimento, magari riconquistandone la leadership? Oppure lasciare Conte al suo destino, e forte delle aperture di credito maturate nell'ultimo anno alla Farnesina virare sul terzo polo?
Le aperture, in quest' ultimo caso, già si moltiplicano: «Se lo cacciano lo accogliamo a braccia aperte», ha fatto sapere ieri Emilio Carelli, ex pentastellato approdato in Coraggio Italia (il partito centrista di Giovanni Toti e Gaetano Quagliarello). Facendo seguito all'interesse manifestato da un pezzo del Pd, incarnato dal senatore Andrea Marcucci, che non fa mistero di guardare con occhi nuovi al titolare della Farnesina.
Infine, la strada più rischiosa: quella di un partito nuovo di zecca. Ma quanto potrebbe valere una lista Di Maio? In parlamento il pallottoliere è già in azione, con risultati opposti: chi afferma che il ministro non porterebbe con sé più di una ventina di deputati e senatori, chi assicura che potrebbe strapparne anche 50 alle file dei Cinquestelle.
E alle urne?
LUIGI DI MAIO - BEPPE GRILLO - GIUSEPPE CONTE
«Azzardare una stima è molto complicato premette Antonio Noto di Noto Sondaggi Molto potrebbe dipendere dal posizionamento politico, al centro oppure nel cosiddetto campo largo». E molto, aggiunge l'esperto, potrebbe incidere un'eventuale modifica alla legge elettorale in senso proporzionale, che spianerebbe la strada ai partiti personali.
LA PREVISIONE Una cosa però è certa: «La scissione potrebbe rappresentare il colpo mortale per il Movimento, già alle prese con un calo dei consensi che oggi si attestano tra il 12 e il 13 per cento», osserva Noto. Il motivo? «Di Maio rappresenta la storia dei Cinquestelle: nella percezione degli elettori è più legato a quel simbolo rispetto a Conte. Se se ne andasse, potrebbe danneggiarlo molto di più».
luigi di maio giuseppe conte meme by carli
Eppure per il titolare della Farnesina, secondo il sondaggista, lasciare i pentastellati potrebbe essere la mossa giusta: «Il marketing politico da questo punto di vista funziona come quello aziendale. È difficile rivitalizzare un marchio in decadenza, almeno nel breve periodo. Per Di Maio potrebbe essere più facile puntare su un nuovo brand, magari unendo le sue forze con quelle di altre figure in cerca di riposizionamento». Di parere opposto Enzo Risso, direttore scientifico dell'istituto Ipsos.
Che fa notare come «in Italia, negli ultimi anni, chiunque abbia lanciato un proprio partito personale è rimasto ancorato a percentuali a cifra singola, mediamente attorno al 3 per cento». Per Risso l'ostacolo si spiega con la «disillusione degli italiani rispetto all'ipotesi che aumentando l'offerta politica si migliori di pari passo la qualità della democrazia». E poi, concordano i due esperti, parecchio dipenderebbe dalla collocazione della nuova lista: «L'area centrista in questo momento è molto presidiata osserva Risso Ci sono Renzi, Calenda, Toti, Lupi e gli altri ex Dc.
Di Maio rischierebbe di trovarsi a sgomitare in uno spazio elettoralmente ristretto». Dalla sua il ministro degli Esteri vanta però un consenso personale di tutto rispetto, per quanto «di 8-9 punti percentuali inferiore Giuseppe Conte, col quale si porrebbe in concorrenza». Ma non tutti i sostenitori dell'ex capo politico potrebbero seguirlo in un'avventura scissionista: «Un conto precisa Risso è guadagnarsi la simpatia di un elettore dall'interno di un partito. Un altro fare in modo che questa simpatia si trasformi in voto nel caso in cui si decida di abbandonare quel contenitore». A. Bul.