Valentina Errante per "Il Messaggero"
Stop scoop e indiscrezioni giornalistiche su inchieste e indagati. Da oggi solo i procuratori potranno intrattenere rapporti con la stampa, esclusivamente tramite comunicati ufficiali. Le conferenze stampa dovranno essere limitate ai casi di rilevanza pubblica dei fatti e convocate con un atto motivato.
Ossia, solo se la notizia sia strettamente necessaria per la prosecuzione delle indagini o in presenza di altre rilevanti ragioni di interesse pubblico. Le stesse regole varranno anche per la polizia giudiziaria, che potrà parlare con i giornalisti, solo se delegata dai capi delle procure.
La legge sulla presunzione di innocenza entra in vigore oggi, il decreto approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso novembre dà questa forma alla direttiva europea del 2016 che, se non recepita, avrebbe messo in gioco una parte dei fondi del Pnrr.
Il provvedimento, fortemente voluto dal parlamentare Enrico Costa di Azione, ha avuto parere favorevole dalle commissioni Giustizia di Camera e Senato e del Csm, ma in tanti sono perplessi: dal presidente dell'Anm a molti magistrati.
I DIVIETI
La legge vieta ai magistrati di «indicare pubblicamente l'indagato come colpevole» in una qualsiasi dichiarazione che non sia una sentenza. In caso ciò avvenga e non arrivi una rettifica entro 48 ore, il procuratore in questione rischia delle conseguenze disciplinari e può essere condannato ad un risarcimento danni.
Mentre nelle ordinanze di misura cautelare l'autorità giudiziaria dovrà limitare «i riferimenti alla colpevolezza della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato alle sole indicazioni necessarie a soddisfare i presupposti, i requisiti e le altre condizioni richieste dalla legge per l'adozione del provvedimento».
Infine, non sarà più possibile «assegnare ai procedimenti pendenti denominazioni lesive della presunzione di innocenza».
GLI ATTI PUBBLICABILI
Le norme stridono tuttavia con l'articolo 114 del Codice di procedura penale: «È sempre consentita la pubblicazione del contenuto di atti non coperti dal segreto». Un principio che consentirà di pubblicare ancora frammenti di ordinanze e intercettazioni, così come decreti di perquisizione dove sono riportati i nomi degli indagati.
Per i giornalisti sarà soltanto più difficile procurarseli. Agli avvocati non sarà vietato parlare con la stampa e fornire gli atti. Ma non sarà più possibile verificare le notizie girate dai legali con chi abbia svolto le indagini.
LE REAZIONI
Enrico Costa, che rivendica il recepimento della direttiva europea come un successo di Azione, ha già preparato un modello di segnalazione che i cittadini potranno inoltrare, in caso di presunte violazioni, al ministero della Giustizia. E ieri, in una conferenza stampa, a fianco del presidente dell'Unione camere penali, Giandomenico Caiazza, ha mostrato la sua soddisfazione: «È un provvedimento di portata storica, perché queste norme cercano di stabilire regole di buon senso alle quali si devono adattare le autorità pubbliche nel confrontarsi con il tema della presunzione di innocenza. Vorremmo - ha aggiunto Costa - che la riforma non fosse svilita sul campo. Abbiamo visto procuratori che hanno considerato le norme come se fossero acqua fresca, altri invece come Cantone le hanno affrontate sul serio».
E Caiazza ha commentato: «Non so se sia una pagina storica, certamente è una pagina di grande importanza e di grande rilievo».
I DUBBI DELL'ANM
Già a settembre il presidente dell'Anm Giuseppe Santalucia aveva espresso i suoi dubbi sullo schema della norma durante l'audizione in commissione Giustizia alla Camera. Così come hanno fatto molte toghe.
All'indomani dell'approvazione del decreto legislativo, Santalucia era tornato sulla questione nella relazione che, a novembre, ha aperto il comitato direttivo centrale dell'Associazione: «Si è irragionevolmente irrigidita la comunicazione con la stampa dei procuratori della Repubblica, che potranno servirsi esclusivamente di comunicati ufficiali e, nei casi di particolare rilevanza pubblica, di conferenze stampa - ha osservato Santalucia - Regole che non renderanno un buon servizio, questo è il timore, all'esigenza di una corretta informazione su quanto accade nel processo durante la fase delicatissima delle indagini».