DRAGHI NON SI FERMA A SAVONA – IL PREMIER VUOLE LE DIMISSIONI DEL PRESIDENTE DELLA CONSOB, SPECIE DOPO IL CASINO SULLA RETRIBUZIONE DEI DIPENDENTI – I DUE DA OLTRE 40 ANNI SI DETESTANO (POCO) CORDIALMENTE - MENTRE L’UNO ERA PRESIDENTE DELLA BCE, L’ALTRO VERGAVA ARTICOLI CONTRO L’EUROPA E STUDIAVA IL PIANO B PER USCIRE DALL’EURO - E POI C’È STATO COSSIGA, A CUI SAVONA ERA VICINISSIMO, CHE DI DRAGHI DICEVA: “È UN VILE AFFARISTA, SVENDEREBBE L’ITALIA” – VIDEO
Occhio di Lince per https://www.tag43.it
Che succede alla Consob? Dopo che lo scorso marzo aveva fatto sensazione la decisione di aumentare gli stipendi dei 650 dipendenti di 1.150 euro in più al mese, allineando così le buste paga – la cui media ha raggiunto i 167 mila euro annui – a quelle della Banca d’Italia, in questa fase i mal di pancia sindacali non sembrano terminati, specie dalle parti della Cgil.
E qualcuno avrebbe individuato una “manina” che si è incaricata di agitare le acque, con lo scopo di riaccendere il fuoco, nelle ultime settimane diventato cenere, sotto la pentola nella quale sono in molti a sperare che il presidente Paolo Savona finisca per cadere.
LE MIRE DI MINENNA PER PRENDERE IL POSTO DI SAVONA
Il vostro Occhio di Lince ha individuato non tanto la manina quanto il beneficiario di questo ritorno di fiamma per bruciare l’84enne presidente: si tratta di Marcello Minenna. Dall’anno scorso direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, l’economista con simpatie grilline è rimasto dipendente dell’Autority di controllo della Borsa – dove era responsabile dell’Ufficio Analisi Quantitative e Innovazione Finanziaria – e amerebbe assai tornarci da numero uno.
Nei mesi scorsi si erano fatte insistenti le voci riguardo un possibile addio di Savona, dopo appena due anni dalla nomina avvenuta sotto il primo governo Conte. Ma da un lato il tignoso professore sardo oppose strenua resistenza, dall’altro il governo aveva in agenda ben altre priorità.
A DRAGHI NON DISPIACEREBBE UN CAMBIO AL VERTICE
Tuttavia, a Draghi – che ha letto con piacere il pesantissimo articolo che l’economista Salvatore Bragantini ha scritto nei giorni scorsi sul Domani a commento della relazione di Savona all’assemblea annuale Consob lo scorso 14 giugno, definendola “imbarazzante” – non dispiacerebbe affatto sbarazzarsi del presidente, sicuro che al Quirinale non verserebbero neppure una lacrima (basti ricordare l’esclusione di Savona per mano dello stesso Mattarella dalla lista dei ministri del primo governo Conte, reo di praticare un sovranismo anti-Ue inaccettabile).
Anche perché al presidente del Consiglio ancora non è andato giù il rospo che dovette ingoiare agli inizi di marzo, quando Savona negò a palazzo Chigi le informazioni richieste circa l’ammontare e le motivazioni dell’adeguamento salariale da corrispondere ai dipendenti Consob, con la scusa che l’Autorità per la Borsa è un organo indipendente. La cosa poi si risolse, e di conseguenza rientrarono le voci sull’uscita di Savona. Ma ora che si è riacceso il fuoco la pentola delle dimissioni “spintanee” è tornata a bollire.