Tommaso Ciriaco per la Repubblica
«Noi abbiamo bisogno di un governo che non remi contro. Di un esecutivo che non sia ostile alle aziende, se davvero vogliamo riuscire a vendere Mediaset». Silvio Berlusconi è in difficoltà. Teme che una vittoria schiacciante del No possa spazzare via i fragili equilibri istituzionali, lasciando spazio all’onda populista di Grillo e Salvini.
E ha paura soprattutto che nel caos possano essere travolte le sue aziende. Quando in tv da Bruno Vespa ipotizza ritorsioni contro Mediaset, allora, l’ex premier pensa in realtà proprio a questo scenario. Alla confusione in cui potrebbe precipitare il Paese, trascinando con sé anche i gioielli dell’impero berlusconiano.
Negli ultimi giorni è stato Fedele Confalonieri a cercare di far riflettere il fondatore di Forza Italia: «Silvio – il succo del ragionamento svolto in privato – se si apre una crisi politica, qua finisce male. Non possiamo permetterci una fase di instabilità, che avrebbe gravi ripercussioni anche sull’economia. Per questo noi siamo schierati a favore del Sì, e l’abbiamo anche fatto sapere pubblicamente ».
È il partito delle aziende, compatto, che arruola anche big del calibro di Marina Berlusconi ed Ennio Doris. Tutti convinti - come accadde nel 2011 quando gli consigliarono di dimettersi dalla presidenza dl consiglio -, sia pure con sfumature e distinguo, che l’alternativa all’attuale governo non può passare da una strana alleanza tra minoranza del Pd, centrodestra e grillini.
ENNIO DORIS CON ALLE SPALLE UN RITRATTO D ANNATA DI BERLUSCONI
Berlusconi dunque traduce dagli studi televisivi di “Porta a porta” i timori dei suoi più fidati collaboratori. E guarda soprattutto al portafoglio: «Certo non possiamo permetterci una crisi di sistema, che danneggerebbe gli affari dopo anni di crisi». E poi sa bene, il Cavaliere, che proprio un governo stabile rappresenta ad esempio l’unico argine alle pretese della francese Vivendi con cui, ormai, sono arrivati alle carte bollate. «Abbiamo bisogno di stabilità», continua a ripetere, «e serve un clima sereno per evitare che tutto salti».
Ma c’è dell’altro. Berlusconi continua ad analizzare quotidianamente i sondaggi, ormai riservati e non pubblicabili, che planano sulla sua scrivania. Ed è giunto a una conclusione tutta politica: «Una vittoria di larga misura del No – è lo scenario tratteggiato con i suoi fedelissimi – sarebbe addirittura dannosa. Grillo e Salvini ne uscirebbero come gli unici vincitori, e noi saremmo spazzati via assieme a Renzi».
Diversa sarebbe l’affermazione di misura degli antiriforma (oppure un trionfo al fotofinish del Sì), che potrebbe lasciare ancora spazio a una nuova trattativa con Renzi. Forza Italia, in questo caso, tornerebbe ad essere decisiva in vista dei futuri assetti.
«Se cambiamo la legge elettorale - è opinione del numero uno azzurro – allora noi rientriamo nella partita forse già in questa legislatura. E comunque certamente nella prossima». Un sentiero ancora stretto, ma l’unico capace di sottrarre l’ex premier dalla tenaglia di Grillo e Salvini, ma anche da un’alleanza di centrodestra a marcata trazione lepenista. E forse non è un caso che proprio Renzi non stia alzano il tono del lo scontro con il leader di Forza Italia. «Tutti pensano che io sia finito – ha ripetuto Berlusconi – e che sia destinato alla pensione. Ma io resto sempre un giovane ottantenne ».