Emilio Pucci per il Messaggero
La partita sulle vicepresidenze delle Camere non lo ha minimamente appassionato, gli hanno riferito degli appetiti M5s, continua a ritenerli inaffidabili e ancora sostiene che sia alquanto difficile un accordo tra Salvini e Di Maio per far partire un governo. Ma Berlusconi, assicurano i suoi, si accenderà come una lampadina se e quando si comincerà a parlare di ministri.
La consapevolezza è che, anche se ci fosse un secondo giro al Quirinale per le consultazioni, non sarà lui a determinare chi sarà il presidente del Consiglio. Quella è una partita che si giocherà fino in fondo Salvini. Tuttavia sulle caselle dei dicasteri l'ex premier è determinato a non accettare veti. Il sogno è addirittura farne parte. In maniera attiva.
Fu Salvini a proporre il suo nome come ministro degli Esteri. «Sicuramente osservò il leader del Carroccio in campagna elettorale, prima che cambiassero i rapporti di forza tra FI e Lega all'interno della coalizione - farebbe meglio di tutti i predecessori, perché lo conoscono in tutto il mondo. E' il numero uno da tutti i punti di vista. Basti pensare alle relazioni con Washington, con Mosca, col Medio Oriente, col Nord Africa». «Ovvio che gli piacerebbe e molto andare alla Farnesina», rivelano i fedelissimi. Ovvio pure che al momento il quadro non lo permette. Sia perché M5S è al centro della scena «e Berlusconi sottolineano le stesse fonti è consapevole che con loro sarà impossibile anche pensarlo». Ma la «pazza idea» - come ama definirla - l'ha comunque accarezzata.
angela merkel silvio berlusconi
Lo scoglio insormontabile è la legge Severino. Al momento non potrebbe e i tempi per ottenere la riabilitazione sono lunghi. «Berlusconi dall'8 marzo poteva chiedere la riabilitazione delle funzioni politiche attive o passive e lo ha fatto», ricorda però Sgarbi. «Nell'arco di un mese può candidarsi in prima persona e per farlo non serve più Strasburgo». La riabilitazione, sottolinea il critico, «è una cosa che può avvenire dopo la scadenza dei tre anni di pena ai servizi sociali. Con questa cosa puoi votare e essere votato».
Passare dalla teoria alla pratica è come scalare l'Everest, ma in ogni caso l'ex premier non molla la presa su chi debba far parte in un governo targato centrodestra. L'obiettivo è non essere marginali, far pesare quel 14% preso alle urne, chiedere tre o quattro ministeri pesanti. E soprattutto pretendere che non ci siano condizioni né da M5S né dal partito di via Bellerio. Salvini ha già fatto capire che vuole scelte condivise, che punta ad un ricambio generazionale. Ma il presidente azzurro non è sulla stessa linea, tanto che avrebbe ventilato a Romani la possibilità di andare allo Sviluppo, sempre che le trattative sul governo facciano un salto in avanti.
LA DELEGAZIONE
E la novità azzurra potrebbe essere proprio la delegazione dei dialoganti al Colle. Certa la presenza di Letta, che con il presidente della Repubblica ha contatti continui. Ma non è escluso che, oltre al Cavaliere e ai due nuovi capigruppo, al Quirinale possa salire anche Tajani. Una carta che Berlusconi vuole spendere o prima dell'inizio della partita sulle consultazioni o dopo. La riflessione è in corso, ma la tentazione dell'ex premier è quella di rivedere l'organigramma e costituire quel coordinatore unico (oppure un ticket che sarebbe composto dallo stesso Tajani e da Gelmini).
L'attuale presidente del Parlamento europeo andrebbe a confrontarsi con M5S ma Berlusconi ancora auspica che giro di valzer al Colle Mattarella possa suggerire una svolta moderata. Ovvero un governo del Presidente. E la tentazione sarebbe farne parte.