Estratto dell'articolo di Clemente Pistilli e Giuliano Foschini per “la Repubblica”
Cosa hanno consultato i ricercatori dell'istituto Gamaleya di Mosca, gli uomini del vaccino Sputnik, nei database dell'istituto Spallanzani di Roma? Hanno preso le cartelle cliniche dei pazienti ammalati di Covid, studiato i 120 ceppi conservati per sviluppare il vaccino come avevano dichiarato?
O hanno invece avuto anche accesso all'intera banca dati dell'Istituto nazionale per le malattie infettive che contiene, tra le altre cose, le ricerche sui sieri da utilizzare in caso di armi batteriologiche? Registri, tra l'altro, condivisi con i paesi della Nato?
Senza girarci troppo attorno, è questa la domanda che rimbalza in Italia e in molti paesi alleati. Una domanda la cui risposta reale sarà difficilissima da ottenere. Perché non ci sono registri di accesso, non c'è alcuna corrispondenza ufficiale, non ci sono relazioni sul lavoro svolto dai russi in Italia. Niente.
C'è soltanto la certezza che i russi erano dentro lo Spallanzani - come ha raccontato Repubblica Roma - e una serie di punti interrogativi che partono da una data: l'8 aprile del 2021.
Quella mattina l'istituto romano firma un accordo di cooperazione scientifica con il Gamaleya, il suo omologo russo. A gestire l'operazione è Francesco Vaia, potentissimo direttore sanitario dell'istituto dal curriculum giudiziario accidentato - agli atti parlamentari c'è per esempio un'interrogazione del Movimento 5 Stelle che chiede come mai un soggetto «pluricondannato per reati di corruzione e doveri di atti d'ufficio, poi prescritti» e con una condanna anche della Corte dei Conti potesse ricoprire incarichi pubblici - ma dalle grandissime relazioni.
Vaia crede da subito alla bontà dell'operazione russa, tanto da spingerla con l'assessore alla Sanità del Lazio, Alessio D'Amato. È il momento in cui, mentre i dati di Pfizer e Astrazeneca sono comunque confortanti, in Italia si alzano più voci a favore di Sputnik.
C'è quella dello Spallanzani, appunto. E fortissima quella di Matteo Salvini che cita come esempio virtuoso la sperimentazione di San Marino. Risultato: viene di fatto accantonato la strada italiana al vaccino, nonostante i risultati buoni che stavano avendo le prime sperimentazioni su Reithera.
Si diceva, il memorandum. Nell'accordo lo Spallanzani si impegna a uno scambio di materiale biologico con Gamaleya, nel quadro di un accordo in cui noi dovremmo condividere i dati sui pazienti e i russi i risultati sul vaccino. Ricercatori di Mosca arrivano in Italia e accedono alla banca dati. Per fare cosa, non si sa. «Per quanto ci riguarda - dice Vaia oggi a Repubblica - il rischio di trasferimento di dati sensibili è pari a zero».
VLADIMIR PUTIN COL VACCINO SPUTNIK
Lo dice con la certezza dell'indicativo. Ma chi ha cominciato a guardare i termini di quell'accordo ha qualche dubbio. Non fosse altro - così come accaduto per la spedizione a Bergamo - che nessuno sa cosa abbiano fatto effettivamente i ricercatori. Perché nessuna informazione da parte loro è stata condivisa.
Continua a leggere su: