Ilario Lombardo per ''La Stampa''
«Questa volta è troppo». A chi lo ha sentito al telefono, Roberto Fico ha trasmesso tutto il proprio disagio per quello che, di buon mattino, aveva letto. Luigi Di Maio si era appena lanciato in una difesa della polizia finita sotto accusa per lo sgombero di centinaia di rifugiati africani dal palazzo di via Curtatone, nel centro di Roma. «Non possiamo vedere scene di guerriglia come quelle e poi alla fine mettere sotto inchiesta i poliziotti e la Polizia di Stato per una frase», ha detto il vicepresidente della Camera ospite di Omnibus, La7.
luigi di maio alessandro di battista roberto fico
La frase, pronunciata da un funzionario contro i profughi, è stata: «Se lanciano qualcosa spaccategli un braccio». Di Maio minimizza («fa più notizia quella frase infelice che persone che lanciano bombole contro gli agenti») andando oltre lo stesso capo della Polizia, Franco Gabrielli, che invece ha condannato e promesso conseguenze per il funzionario.
Per Di Maio diventa una questione quasi identitaria, perché la difesa si allarga anche alla sindaca Virginia Raggi, accusata dal Viminale di non aver garantito soluzioni abitative alternative, e dall’Unicef di «colpevole assenza». «La Raggi si deve occupare prima dei romani - afferma il grillino - E fa niente se mi definiranno razzista...».
rosa caupozzo roberto fico luigi di maio
Fico non lo definisce tale, ma per la prima volta da mesi ne prende platealmente le distanze, riaprendo di fatto la sfida per la candidatura a premier che sarà certificata a Rimini il 24 settembre. La svolta securitaria di Di Maio è indigeribile per il collega e lo strappo diventa scenografico: «Uno Stato che si organizza in questo modo per sgombrare un palazzo abitato da bambini, donne e uomini che hanno oltretutto lo status costituzionale di rifugiati - scrive Fico su Facebook - è uno Stato che non mi rappresenta».
LUIGI DI MAIO E VIRGINIA RAGGI
Nel giro di poco si accodano altri parlamentari, spesso in contrapposizione con la linea dura sui migranti sposata da Di Maio. Il senatore Nicola Morra e il deputato Giuseppe Brescia sono tra i primi a criticare la violenza della polizia e a riproporre le divisioni già emerse sullo Ius soli e sulle Ong nel Mediterraneo.
L’immigrazione, come spesso anche altri dibattiti sui diritti civili, continua a far deflagrare l’apparente compattezza del M5S. Nel Movimento convivono due posizioni ormai inconciliabili. Ma la scelta imposta dall’alto è sempre più palese. Beppe Grillo e Davide Casaleggio, confortati dai sondaggi, continuano a perseguire un preciso calcolo, convinti che il tasto della sicurezza contro i migranti sia quello giusto per conquistare voti. Di Maio incarna questa posizione. Fico quella contraria, «gandhiana» per usare le parole di Morra.
Favorevole allo Ius soli, più morbido sulle Ong, Fico potrebbe a breve far sapere se sfiderà o meno Di Maio alle primarie. Ma, per ora, non vuole dir nulla, nemmeno agli uomini della Casaleggio che ne hanno sondato le intenzioni. Dopo il primo turno online che, salvo ripensamenti, dovrebbe essere aperto a tutti gli attivisti, Fico deciderà se insistere nel rappresentare l’alternativa alla linea realista del collega e arrivare allo scontro totale.
Di certo, sull’immigrazione una sintesi non sembra più possibile, nonostante i fatti di via Curtatone abbiano rimesso al centro gli interrogativi sulle politiche di accoglienza della giunta Raggi. Dopo un giorno di silenzio la sindaca controbatte al governo, accusandolo di «vergognoso scaricabarile», e alla prefettura, «colpevole di non aver citato la presenza di 37 bambini» nel palazzo.
«Abbiamo saputo dello sgombero solo il giorno prima», si difende con La Stampa l’assessora alle Politiche sociali Laura Baldassare, ex Unicef, finita nel mirino dei suoi ex colleghi per quanto successo, ma decisa a proteggere la propria storia senza farsi appiattire nella contrapposizione tra Fico e Di Maio: «Io sto dalla parte dei diritti dei più deboli».
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