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Si preannuncia una settimana di fuoco a Viale Mazzini: come mandar via Carlo Fuortes. L’idea di affiancarlo con Giampaolo Rossi, in attesa della scadenza del mandato di Fuortes, è fallimentare: è l’amministratore delegato che nomina un direttore generale. E Fuortes non ci pensa proprio.
Altra idea: offrirgli la soprintendenza del Teatro La Scala. Problema: Meyer scade tra tre anni. A questo punto, dato che la nomina dell’ad Rai è competenza del Mef, l’ufficio legislativo del ministro Giorgetti è stato incaricato di studiare una via di uscita. Più facile invece far sloggiare dalla direzione del Tg1 la Maggioni…
RAI, IL PIANO DI MELONI: FUORTES SOSTITUITO O «AFFIANCATO»
Antonella Baccaro per il “Corriere della Sera”
È questione di settimane prima che l'ad Rai, Carlo Fuortes, venga chiamato a colloquio dalla premier, Giorgia Meloni, per «un giro d'orizzonte sul futuro dell'azienda». Fonti vicine alla premier, non confermate in Rai, parlano di una telefonata fatta dal manager a Palazzo Chigi: forse un atto di cortesia. Perché di certo Fuortes, a mettere a disposizione il proprio mandato, che scade nella primavera 2024, non ci pensa proprio.
Senonché non sembra destinata a perdurare l'anomalia per cui il maggior partito di governo non esprime neppure un consigliere Rai. Quando l'attuale cda s' insediò, fu FI a strappare a FdI una delle due poltrone destinate al centrodestra, per poi fare filotto nominando il sottosegretario all'editoria, Giuseppe Moles, e il presidente della Vigilanza Rai, Alberto Barachini. Un «cappotto» che Meloni non dimentica.
E se da FI ora frenano sull'ipotesi che venga rimosso Fuortes e/o l'intero cda, in via della Scrofa i ragionamenti sui nuovi equilibri partono dall'assunto che la Rai oggi «rischia il tracollo». E a poco serve rimandare alla semestrale chiusa con un utile di 45,9 milioni e alle previsioni di pareggio per fine anno.
L'idea che Fuortes non abbia realizzato un vero cambiamento ma soprattutto che non governi l'azienda viene puntellata, tra l'altro, con l'esempio recente dello spostamento di Fiorello da Rai1 a Rai2 per le proteste del cdr del Tg1. La convocazione di Meloni suonerà, dunque, come «un invito a Fuortes a farsi aiutare».
Come? Sarà lui a deciderlo, ma le ipotesi in campo sono due: un passo «di lato», che consentirebbe di affiancarlo con una figura competente nelle vesti di direttore generale. Con due controindicazioni: l'ad ha sempre rifiutato di dare deleghe. E comunque la diarchia dovrebbe fondarsi su un «patto tra gentiluomini» che eviti bracci di ferro. La seconda ipotesi è il passo indietro e il subentro di una figura vicina a Meloni.
Il nome più forte resta quello di Giampaolo Rossi, il quale però, essendo stato già consigliere Rai nel triennio scorso, subentrando cumulerebbe due mandati oltre i quali l'attuale legge non fa andare: in questo modo scadrebbe dopo appena un anno e mezzo, nella primavera del 2024, come tutto l'attuale cda, senza poter essere riconfermato.
Per evitare il problema andrebbe azzerato il cda o modificata la legge. Oppure, poiché la norma dice che i consiglieri sono «rieleggibili una sola volta», si potrebbe interpretare questo limite come relativo ai soli membri eletti e non a quelli nominati, come l'ad.
Un'interpretazione però fragile. Intanto il successore di Gennaro Sangiuliano al Tg2 sarà probabilmente Nicola Rao. Il Tg1 non sarà toccato, almeno fino a quando i nuovi equilibri nel cda non saranno consolidati.
monica maggioni speciale tg1 2