Enrico Franceschini per “la Repubblica”
C'è un grande malato in Europa e la guarigione non sarà rapida. Le previsioni della Banca d'Inghilterra dicono che il Regno Unito entrerà in recessione nel quarto trimestre di quest' anno e che sarà probabilmente il più lungo periodo di contrazione dell'economia dalla grande crisi finanziaria globale del 2008 a oggi.
Le statistiche dipingono un quadro che non concede speranze di smentita: in luglio l'inflazione ha superato il 10 per cento per la prima volta in 40 anni, il volume dei consumi è diminuito del 3,4 per cento e nei tre mesi da aprile a giugno il prodotto interno lordo si è ristretto dello 0,1 per cento. Ieri l'indice che riflette la fiducia del consumatore è calato a quota meno 44, il livello più basso da mezzo secolo ovvero da quando si è iniziato a calcolare questo termometro dell'umore popolare.
Il Financial Times predice che a partire dall'autunno lo stato d'animo nazionale peggiorerà ulteriormente con i già previsti aumenti delle bollette per l'energia elettrica, che cresceranno mediamente del 75 per cento, portando entro fine anno l'inflazione al 13 per cento. Gli economisti si aspettano che la gente reagirà spendendo ancora di meno e cercando di risparmiare, due classici atteggiamenti che contribuiscono a spingere un Paese in crisi economica.
Insieme alla crisi energetica, gli scioperi del settore dei trasporti, che in questi giorni stanno paralizzando treni, metropolitana e autobus a Londra, con i sindacati che chiedono salari più alti per affrontare il vertiginoso aumento del costo della vita, trasmettono l'immagine di una nazione in difficoltà.
E tutto questo succede mentre il palazzo del potere è praticamente vuoto: Boris Johnson ha annunciato le dimissioni il 7 luglio scorso dopo avere perso la fiducia dei propri parlamentari, le primarie del partito conservatore riveleranno soltanto il 5 settembre chi è il nuovo primo ministro fra gli ultimi due candidati rimasti in gara, la ministra degli Esteri Liz Truss, ultra favorita dai sondaggi, e l'ex-ministro del Tesoro Rishi Sunak, ma intanto nessuno prende decisioni per cercare di arginare la crisi.
BORIS JOHNSON LANCIA UNA GRANATA
«Non è questo il metodo per scegliere un nuovo leader», commenta il quotidiano della City, sostenendo che una democrazia del G7 non può rimanere due mesi senza una guida politica. Le foto di Johnson in vacanza in Grecia con la famiglia mentre la Gran Bretagna va a fondo ricordano l'orchestrina del Titanic che suona mentre la nave affonda.
Naturalmente la situazione economica suscita preoccupazione anche nel resto d'Europa, ma qui appare più grave. La nazione con la ripresa più forte del continente, l'inflazione più bassa, la minore disoccupazione: questo è stato a lungo il Regno Unito, nel decennio al potere del laburista Tony Blair ma anche negli anni successivi, attraversando con meno danni di altri la tempesta del crash finanziario del 2008.
La Brexit ha sicuramente influenzato il declino: la decisione di uscire dall'Unione Europea, presa con il referendum del 2016, sei anni più tardi risulta un tragico errore. Al quale si sono poi aggiunti altri problemi su cui Londra non ha responsabilità: la pandemia e la guerra in Ucraina.
Gli esperti calcolano che la recessione potrebbe durare circa un anno, come minimo fino all'estate 2023. L'opposizione laburista chiede misure urgenti, e perfino la riconvocazione urgente del parlamento dalle ferie estive, per rispondere all'aumento dei prezzi dell'energia. Ma per ora bisogna aspettare il prossimo premier, nella consapevolezza che se questa per gli inglesi è l'estate dello scontento, l'autunno e l'inverno saranno ancora peggio.