Giampiero Calapà e Wanda Marra per il “Fatto Quotidiano”
“Bisogna promuovere una riflessione con quelli che sono andati via. E non solo, è necessario riavviare un discorso anche col mondo cattolico, adesso altrettanto in sofferenza. Dobbiamo rimettere in campo una prospettiva di sinistra, un’area riformista. Può avvenire, come io spero, ancora all’interno del Pd, ma con una battaglia che può essere aperta e portata avanti da nuove generazioni, a cui noi possiamo e dobbiamo dare una mano”.
Massimo D’Alema le armi contro Renzi non le ha mai deposte. E in questi giorni è più battagliero che mai. La sua, di guerra, si salda a quella di renziani o ex tali di vario ordine e grado, che studiano strategie per accerchiare il segretario-premier.
“Altro che Rottamazione, alcuni miei coetanei...”
Le speranze della sinistra del Pd di arrivare al Congresso del 2017 e riprendersi il partito sono ormai ridotte al lumicino, la scissione resta l’ ultima ratio, ma l’obiettivo è comunque quello di ricostruire un campo politico a sinistra. Quello che non manda giù l’ex segretario dei Ds è il concetto di Rottamazione renziana e ciò che ha prodotto, come ha spiegato due giorni fa intervenendo alla Sapienza di Roma:
“Di fronte a una prospettiva di frattura profonda con l’elettorato di sinistra le persone di buona volontà dovranno reagire, magari malvolentieri perché uno a una certa età si riposerebbe”. Perché “il fenomeno che in Italia viene chiamato rinnovamento è stato pilotato da un vecchio ceto dominante economico che è rimasto sempre lo stesso.
Anzi alcuni anziani (di destra, ndr) sono una parte del nuovo gruppo di comando, nessuno (Renzi, ndr) ha pensato di sostituire miei coetanei come Cicchitto o Verdini. Persino con Berlusconi declinante, tanto che tutto il suo seguito si trasferisce nel nostro campo”.
Insiste D’Alema, anche con altri interlocutori: “Nostro compito è gettare un ponte verso chi è andato via, perché bisogna ricostruire un campo politico, che vada dal Pd alla sua sinistra”. Appello che qualcuno coglie, confermandone il percorso politico.
Come il fuoriuscito Stefano Fassina: “C’è un pezzo importante di partito che se ne è andato via, altri deputati stanno per lasciare il gruppo adesso, ma ci sono anche altri movimenti in corso, dalla classe dirigente alla base. Movimenti che in parte stiamo incontrando per costruire un nuovo partito”.
Primo passo dell’o pe ra zi one-Fassina i gruppi parlamentari “cosa rossa” alla Camera, unione di ex Pd e Sel. Proverà a resistere ancora, invece, Gianni Cuperlo: “Mi batto dentro il Pd perché non nasca il partito della nazione, operazione che cambierebbe la nostra natura politica, mi batto ancora per dar voce alla sinistra”. Ma non è solo dalla minoranza che arrivano i problemi per Renzi.
Dario Franceschini è partito in una guerriglia di posizionamento. Qualche giorno fa ha dichiarato, serafico: “Alfano ha sconfitto Renzi sul contante a 3 mila euro”. Un’affermazione che al premier e ai suoi non è andata giù: insopportabile il riferimento a una vittoria del leader di Ncd.
L’ex “vicedisastro” e il Giovane turco
Non è la prima crepa nel rapporto tra Renzi e il ministro della Cultura. A settembre, in occasione della presentazione dei venti giovani direttori dei musei, che doveva essere il momento di gloria di Franceschini, Renzi arrivò a rubargli la scena. E non contento buttò lì la battuta al veleno: “Franceschini? È irrottamabile”.
L’ex “vicedisastro” (Renzi dixit) conta su un gruppo di parlamentari fedelissimi, che hanno fatto strada nel renzismo. Come Ettore Rosato, ora capogruppo a Montecitorio. E i suoi, seppur minimizzano il dissenso sul contante, sono polemici: “Adesso ci sarà una tornata di nomine statali.
E il rimpasto: gli unici nomi che si fanno sono quelli dei Giovani turchi. Esistiamo anche noi”. Franceschini, prima di passare (tra i primi) sul carro del vincitore, era molto legato a Enrico Letta. Qualche settimana fa, i due si sono rincontrati pubblicamente a una conferenza internazionale a Pontignano. Occasioni per parlare.
E proprio ieri nell’area Franceschini c’era malumore. Il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, in un’intervista a Repubblica si è detto favorevole pure alle adozioni gay. Parte di un’o ffensiva politica, che mira ad allargare sempre di più il peso (e le truppe) dei Giovani turchi.
RENZI DALEMA FRANCESCHINI ORLANDO sergio mattarella e massimo dalema