RENZISMO BANCARIO - CON GLI ISTITUTI ITALIANI TRABALLANTI, I RENZIANI CHIEDONO DI RINVIARE AL 2018 LA DIRETTIVA UE SUL “BAIL IN” CHE È GIÀ ENTRATA IN VIGORE IL PRIMO GENNAIO - DRAGHI LI STRIGLIA: “LA REVISIONE E’ DIFFICILE”

Perché adesso le richieste di modifiche? Michele Pelillo, vice presidente Pd della Commissione Finanze della Camera, spiega che l'urgenza della mozione trova spiegazione “nella volatilità dei mercati” - Anche Forza Italia chiede al governo di “modificare la direttiva sul bail in”… -

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DRAGHI RENZI DRAGHI RENZI

Fabrizio Ravoni per “Il Giornale”

 

Mario Draghi da una parte, il Pd (e Forza Italia) dall'altra. Ad allontanare il presidente della Bce dal Parlamento italiano è soprattutto l'applicazione della direttiva Ue sul «bail in»: entrata in vigore il 1° gennaio scorso. Direttiva che vieta l'intervento pubblico per il salvataggio delle banche.

 

Dice Draghi: «Le regole sono appena entrate in vigore, già pensare a una revisione mi sembra difficile». Eppure, Michele Pelillo, vice presidente Pd della Commissione Finanze della Camera, ha preparato una mozione parlamentare che chiede proprio un rinvio al 2018 dell'applicazione della direttiva per le obbligazioni semplici emesse dalle banche. «L'ho illustrata a Pier Carlo Padoan e mi ha detto che la condivide», sottolinea Pelillo.

COPERTINA DELL'ECONOMIST RENZI DRAGHI HOLLANDE MERKEL COPERTINA DELL'ECONOMIST RENZI DRAGHI HOLLANDE MERKEL

 

Nella sostanza - annuncia - il Pd chiede al governo di migliorare l'informazione alla clientela degli effetti del «bail in». E lo invita a sostenere a livello europeo la creazione del Fondo di salvaguardia dei depositi. Sul primo punto Draghi è d'accordo: «È importante che ci sia la necessaria informazione sulle regole», osserva.

 

«Si fa presto a dire - sottolinea - che uno deve sapere che un'obbligazione è un investimento rischioso e che quindi si possono perdere i soldi investiti. Ma occorre aiutare le persone a capirlo, occorrono trasparenza e informazione dei risparmiatori». Sul secondo punto - rileva il presidente della Bce - se ne deve occupare la Commissione europea.

 

fabrizio saccomanni con la moglie fabrizio saccomanni con la moglie

Pelillo spiega che condivide i principi generali della direttiva. Cioè, niente più intervento pubblico per salvare le banche. «Ma credo sia necessaria una riflessione sulle modalità ed i tempi di attuazione». Il vice presidente della commissione Finanze non rifiuta la definizione di renziano. Ma punta a marcare le distanze sulle responsabilità nazionali del negoziato sulla direttiva.

 

La trattativa venne conclusa durante il governo Letta (ministro dell' Economia, Fabrizio Saccomanni). «Ma i negoziati vennero svolti, a nome del governo italiano, da uomini della Banca d' Italia. Nella delegazione italiana non c'erano uomini del ministero dell' Economia», spiega. «E durante le audizioni parlamentari sul tema, né Abi né Banca d' Italia segnalarono difficoltà di applicazione della direttiva».

 

Così, davanti al Parlamento europeo, il presidente della Bce ricorda (con un pizzico di forse involontaria malizia verso chi chiede le modifiche) che le regole del bail in «sono state votate ed approvate due anni fa». Insomma, perché adesso le richieste di modifiche? Pelillo spiega che l' urgenza della mozione trova spiegazione «nella volatilità dei mercati».

 

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Anche Forza Italia chiede al governo di «modificare la direttiva sul bail in». E di farsi promotore di un' iniziativa in grado di escludere dall' applicazione della direttiva le obbligazioni emesse prima della sua entrata in vigore». Il gruppo della Camera, poi, chiede (come anche il Pd) «una garanzia europea dei depositi bancari». Ma soprattutto suggerisce al governo di introdurre misure di salvaguardia a sostegno degli obbligazionisti subordinati che hanno perso i propri risparmi con il decreto Salva Banche.

 

renato brunetta renato brunetta

Secondo Renato Brunetta, «la mozione del Partito democratico sulle criticità del sistema bancario e sull' entrata in vigore del bail in è acqua fresca, non dice niente». E aggiunge: «Il Pd si vergogna della sua mozione a tal punto da non volerla votare in Aula alla Camera prima che Renzi vada in Europa per il Consiglio europeo del prossimo 18 e 19 febbraio. Il Pd vuole ancora una volta annacquare i problemi e tentare di buttarla in propaganda, quando in realtà sarebbero necessari interventi seri».

 

 

 

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