Estratto dell’articolo di Marco Bresolin per “La Stampa”
Dieci miliardi di motivi per convincere Viktor Orban a dare il via libera ai negoziati di adesione con l'Ucraina e ad approvare la creazione di un maxi-fondo Ue per aiutare Kiev. A poche ore dall'inizio del Consiglio europeo, la Commissione è pronta a mettere sul piatto una ricca offerta per scongiurare il veto del premier ungherese: Ursula von der Leyen avrebbe infatti già deciso di scongelare circa il 50% dei fondi di coesione destinati a Budapest, pari a circa 10 miliardi, che sono bloccati da un anno a causa della normativa che limita l'indipendenza della magistratura.
L'annuncio dovrebbe arrivare oggi o al più tardi domani, ma non è detto che basterà: questa volta Orban sembra davvero inflessibile.
Ieri il suo ministro degli Esteri, Peter Szijjarto, era a Bruxelles per partecipare alla riunione del Consiglio Affari Generali ed è uscito esultando: «Siamo riusciti a impedire la decisione sull'avvio dei negoziati di adesione con l'Ucraina». Per il momento, dunque, la linea ungherese resta la stessa.
volodymyr zelensky discute con viktor orban al giuramento di javier milei 5
Al vertice Ue di domani potrebbe arrivare anche Volodymyr Zelensky, che nei giorni scorsi ha incontrato Orban in Argentina. Ma sulla decisione che dovrebbe dare il via libera ai negoziati di adesione si sono aggiunte anche le resistenze dell'Austria: il cancelliere Karl Nehammer ha detto chiaramente di essere contrario a una «procedura accelerata» per Ucraina e Moldavia perché non possono esserci trattamenti differenziati rispetto ai Paesi dei Balcani Occidentali, i cui leader saranno stasera a Bruxelles per un vertice con i loro colleghi dell'Unione europea.
I dubbi di Vienna, però, non destano grandi preoccupazioni: secondo fonti diplomatiche, possono essere superati se il Consiglio europeo darà contestualmente il via libera ai negoziati di adesione con la Bosnia-Erzegovina.
Per l'Ungheria, invece, servono altri metodi di persuasione. Un anno fa la Commissione aveva congelato i 21,7 miliardi di euro di fondi di coesione destinati a Budapest a causa delle violazioni dello Stato di diritto. Circa la metà, 10 miliardi, sono legati alle norme che minano l'indipendenza della magistratura.
I restanti 11,7 miliardi sono invece bloccati, e lo resteranno, in seguito alle leggi contro le università, contro i diritti Lgbtqi e contro i richiedenti asilo. Inoltre, ci sono i 10,4 miliardi di euro del Pnrr ungherese che non sono mai stati pagati, anche se proprio nei giorni scorsi l'esecutivo europeo ha dato il via libera al versamento di 900 milioni per il capitolo RePowerEu, erogati sotto forma di pre-finanziamento e dunque senza alcuna condizione aggiuntiva.
Ora però la Commissione vuole cogliere al volo l'assist arrivato ieri sera dal parlamento ungherese che ha adottato alcuni provvedimenti all'interno della riforma della Giustizia. Secondo i tecnici Ue, queste misure potrebbero andare incontro alle osservazioni di Bruxelles sull'indipendenza della magistratura e dunque giustificare lo scongelamento dei primi 10 miliardi.
Ma al di là delle questioni puramente tecniche, le tempistiche della decisione hanno chiaramente uno sfondo politico perché rappresentano l'ultimo tentativo per convincere Orban a non far naufragare il Consiglio europeo.
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Oltre alla decisione sull'avvio dei negoziati di adesione, i 27 leader dovranno anche negoziare e approvare la revisione del bilancio pluriennale dell'Ue. […]
Per il via libera al bilancio, però, serve l'unanimità e Orban ha già agitato il veto. Per questo si studia anche un possibile piano B, magari attraverso l'istituzione un fondo extra-bilancio garantito dagli altri 26 Paesi. […]
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