Federico Capurso per “la Stampa”
Se i dati dei contagi continueranno a crescere, potrebbe esserci bisogno di investimenti rapidi e sostanziosi sulla sanità italiana. Giuseppe Conte non esclude alcuno scenario e uno di questi passa anche dall'attivazione del Mes, finora allontanato con forza da palazzo Chigi per mettere al sicuro la tenuta della maggioranza da possibili fibrillazioni. Perché il Movimento 5 stelle, finora, sull'argomento ha alzato un muro. Durante l'emergenza - è il ragionamento portato avanti dai big pentastellati - si prendono contromisure emergenziali, altrimenti si pianifica la manovra per i prossimi tre anni e si lavora sulla strada che porta al Recovery fund europeo.
giuseppe conte e ursula von der leyen a bruxelles
Un'oasi ancora lontana, da 209 miliardi di euro, che si vorrebbe raggiungere coinvolgendo le grandi partecipate di Stato nei progetti da presentare a Bruxelles. Colossi come Terna, Snam o Cassa depositi e prestiti, svolgerebbero un ruolo centrale nei piani di spesa per il rilancio del Paese, con investimenti per l'acqua pubblica, le energie rinnovabili, la conversione delle grandi aziende in crisi e una nuova rete di trasporti che unisca il Mezzogiorno al resto del Paese.
Prima però, sarà necessario che le commissioni parlamentari di Camera e Senato producano delle risoluzioni per i loro ministri di riferimento, indicando la direzione degli interventi, da sottoporre poi a via XX settembre e al Consiglio dei ministri. Un lavoro che dovrebbe concludersi a metà ottobre. Motivo per cui si chiederà, con ogni probabilità, di posticipare ai primi di novembre la presentazione della nota di aggiornamento al Def.
Ma adesso, mentre cresce la preoccupazione per una seconda ondata pandemica, anche le posizioni granitiche di qualche mese fa iniziano a essere più sfumate, almeno tra le anime pragmatiche e governiste del Movimento. Quelle, in altre parole, più lontane dalle posizioni da pasdaran di Alessandro Di Battista. Resta un problema "comunicativo", oltre che di sostanza.
«Se si continua a pensare al Pandemic crisis support come se fosse il Mes, non potremo mai dire di sì», fa notare un membro dell'esecutivo M5S. Si vorrebbe, quindi, esercitare pressione sull'Europa a settembre per «chiedere la nascita di un nuovo strumento», con finalità identiche (legate a investimenti sulla sanità), ma privato di condizionalità in uscita. Anche perché, finora, nessun Paese europeo ne ha chiesto l'attivazione, e questo - nei ragionamenti dei vertici Cinque stelle, dovrebbe essere un segnale che la Commissione europea sarà costretta a prendere in considerazione.
«La crescita dei contagi in autunno è una possibilità concreta, che valuteremo osservando anche l'andamento della curva nel Nord Europa in queste settimane - ragiona Pierpaolo Sileri, viceministro della Sanità in quota M5S -, ma non credo che una seconda ondata sarà forte come quella della primavera scorsa, perché ci sono regole e dispositivi che rendono le catene di contagio meno forti». Ci sarà comunque bisogno, prosegue Sileri, «di circa 25 miliardi di euro da investire sulla sanità, per aumentare i macchinari di diagnostica e recuperare i ritardi accumulati durante il lockdown. Ma del Mes se ne può parlare solo se si scrive nero su bianco che non ci saranno condizionalità in uscita.
Altrimenti, rischieremmo di vederci imporre, tra qualche anno, dei tagli per rientrare del prestito chiesto. Magari, da fare proprio sulla sanità». Il nodo per i Cinque stelle resta dunque la base giuridica sulla quale poggia il Pandemic crisis support, e in particolare l'articolo 14 del trattato istitutivo del Mes, attraverso il quale, se uno Stato che richiede un prestito ha problemi di liquidità, si attiva un sistema d'allarme con meccanismi e condizionalità considerati pericolosi.
«Non basta la dichiarazione dei commissari europei Dombrovskis e Gentiloni, con cui si dice, a parole, che non ci sono condizioni in uscita», sottolinea la sottosegretaria agli Affari europei Laura Agea, M5S. Ma se dall'Europa continueranno a esserci resistenze rispetto all'eventualità di modificare il trattato istitutivo del Mes, o di costruire una nuova linea di credito da zero, «dovremo continuare ad affidarci al Quantitative Easing della Bce, il migliore strumento che abbiamo a disposizione», sostiene Agea.
«Potrebbe capitalizzare 400 miliardi di euro per l'Italia, da qui al suo esaurimento. In caso di una nuova emergenza, quindi, la nostra principale soluzione deve essere quella di continuare a fare aste di Btp: il modo più adatto per arrivare in sicurezza alla prima tranche del Recovery Fund, nel 2021».