1. SLOVACCHIA E NON SOLO: KIEV TEME PER GLI AIUTI
Estratto dell’articolo di Giusi Fasano per il “Corriere della Sera”
Il neopremier slovacco che sospende gli aiuti militari. I repubblicani Usa che incoronano nuovo speaker Mike Johnson, da sempre contrario all’aiuto a Kiev. Il premier ungherese Viktor Orbán che annuncia: «Non vogliamo stanziare fondi per l’Ucraina a meno che non riceviamo una proposta molto valida».
E poi c’è il dibattito in corso sui nodi del bilancio Ue; finché quei nodi non saranno sciolti i pacchetti d’aiuto previsti per Kiev […] subiranno di fatto una frenata.
Insomma: non è proprio un elenco di buone notizie per l’Ucraina, e anche se per adesso l’appoggio occidentale formalmente resta intatto, il futuro si preannuncia in salita. La Slovacchia del nuovo primo ministro populista Robert Fico prende la decisione anti-Kiev più netta: il Paese «non fornirà più armi all’Ucraina», dice, aggiungendo che […] «non voterò per le sanzioni contro la Russia finché non vedremo l’analisi del loro impatto sulla Slovacchia».
Dalla Camera dei rappresentanti Usa l’elezione del nuovo speaker (a favore del sostegno a Israele) rafforza la destra repubblicana che si oppone sempre più a nuovi finanziamenti per Kiev. Tutto questo mentre proprio ieri gli Usa hanno annunciato un nuova fornitura di armi per 150 milioni di dollari e in attesa che la stessa Camera voti sui 100 miliardi […] che il presidente Biden chiede per Ucraina, Israele e per la sicurezza al confine col Messico.
2. EUROPA TRA DUE GUERRE
Estratto dell’articolo di Marco Bresolin per “La Stampa”
«Se sostengo un cessate-il-fuoco? Sì, certo. Tra Russia e Ucraina». La battuta di Viktor Orban è la sintesi perfetta del Consiglio europeo andato in scena ieri. Un difficile esercizio di diplomazia interna ed esterna che ha visto i leader impegnati fino a tarda sera a trovare un punto d'equilibrio lessicale sull'appello da lanciare per consentire l'arrivo degli aiuti a Gaza.
Spagna e Irlanda hanno insistito per chiedere un vero e proprio "cessate-il-fuoco", opzione respinta nettamente da molti governi, in primis quelli di Austria, Repubblica Ceca e Germania. I tentativi di mediazione hanno permesso di trovare un accordo all'ora di cena sui concetti di "pause" (al plurale) e "corridoi" umanitari.
[…] Tutto questo dopo aver tentato di rassicurare Volodymyr Zelensky sul fatto che la crisi in Medio Oriente non li distrarrà dalla guerra in Ucraina e non farà venir meno il sostegno per Kiev. Ma c'è una domanda che sta emergendo sempre più prepotentemente: l'Unione europea è in grado di sostenere due conflitti di queste dimensioni alle sue porte?
Un quesito che se ne porta dietro almeno un altro paio […]. Il primo: i 27 governi sono disposti a mettere più soldi nella cassa comune per far fronte alle nuove sfide? E poi: l'Ue è in grado di reggere a ulteriori ondate di migranti in fuga dai bombardamenti, come evocato ieri da Ursula von der Leyen?
volodymyr zelensky riceve il premio carlo magno da ursula von der leyen e olaf scholz
[…] Al tavolo del vertice ha fatto il suo esordio il nuovo premier slovacco, Robert Fico, che poco prima di arrivare a Bruxelles ha annunciato «l'azzeramento degli aiuti militari a Kiev» e assicurato che si metterà di traverso sulle sanzioni alla Russia. Esattamente il contrario di quanto chiesto da Zelensky, che durante il suo videocollegamento ha suggerito di «ampliare e rafforzare» le sanzioni contro Mosca perché quelle in vigore «sono insufficienti».
Il presidente ucraino ha messo in guardia dal rischio che la guerra in Medio Oriente possa favorire Vladimir Putin: «I nemici della libertà sono interessati a portare il mondo libero a un secondo fronte». Il problema è che, mentre a parole i leader Ue hanno ribadito quasi all'unisono (tranne Orban e Fico) il continuo sostegno all'Ucraina, non c'è ancora un'intesa su come tradurre questo supporto nella pratica.
La Commissione europea ha proposto un piano di aiuti da 50 miliardi di euro (17 a fondo perduto e 33 in prestito) nel quadro della revisione del bilancio comune, una maxi-manovra che prevede anche ulteriori 50 miliardi per finanziare le altre priorità, tra cui la gestione dei flussi migratori e la competitività dell'industria.
L'ipotesi di aumentare i contributi, però, continua a essere respinta. Per l'olandese Mark Rutte «serve una ridistribuzione degli altri fondi», linea condivisa anche dal tedesco Olaf Scholz. Il governo italiano vuole che la partita sia gestita con la logica del "pacchetto": non è possibile dare il via libera agli aiuti per Kiev senza un'intesa sui fondi per l'immigrazione. Tranchant, come sempre, Viktor Orban: «La nostra posizione è chiara: niente soldi né per i migranti, né per l'Ucraina».
«Orban sta diventando un grande problema che dobbiamo affrontare», ha confessato ieri Kaja Kallas, premier estone, parlando con un gruppo di testate europee tra cui La Stampa.
«Finora siamo riusciti a mantenere questa unità, ma ora sta diventando sempre più difficile». La leader si è detta «molto preoccupata» perché «le nostre posizioni sulla revisione del bilancio sono molto distanti», ma «abbiamo preso un impegno con l'Ucraina e dobbiamo mantenerlo». Non ci sono soltanto i 50 miliardi di aiuto economico, ma anche il fondo da 20 miliardi per gli aiuti militari proposto da Borrell. Per evitare che Kiev si trovi a secco dal 1° gennaio, serve un'intesa entro la fine dell'anno. Ma al momento le distanze sembrano incolmabili.
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