LE RIVOLTE IN AFRICA DIMOSTRANO CHE IL CONTINENTE NERO SI STA SPOSTANDO VERSO CINA E RUSSIA - DOMENICO QUIRICO SULLA RIVOLTA ARMATA IN KENYA, GUIDATA DALLA GENERAZIONE Z, DOVE LE PERSONE SONO SCESE IN STRADA PER PROTESTARE CONTRO LA LEGGE FINANZIARIA: "È UN’INTIFADA CONTRO I LEADER DEMOCRATICI, FEDELI A USA E FONDO MONETARIO. L'AFRICA VERA, A UN CHILOMETRO AL DI LÀ DEGLI HOTEL, È UNA SERIE DI 'GROUND ZERO' DOVE LA GENTE NON HA ELETTRICITÀ E VIVE CON UN DOLLARO AL GIORNO..."

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1-KENYA, PRIMA VITTORIA DEI MANIFESTANTI: IL PRESIDENTE ANNUNCIA IL RITIRO DELLA LEGGE FINANZIARIA

Estratto dell’articolo di Giorgio Brizio per “La Repubblica”

 

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A meno di 24 ore dalle proteste che martedì hanno insanguinato il centro di Nairobi e le strade di altre città del Kenya - 23 morti e centinaia di feriti negli scontri con le forze dell’ordine - i manifestanti hanno ottenuto due vittorie.

 

Dopo il ricorso urgente presentato dalla Law Society of Kenya, nella mattinata di ieri l’Alta Corte di Nairobi ha ordinato al governo di fermare il dispiegamento dell’esercito (Kdf) a sostegno della polizia, annunciato dal Presidente William Ruto la sera prima.

 

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Ma soprattutto, nel pomeriggio, Ruto ha innestato la retromarcia, tornando a parlare alla nazione con toni nuovi: se subito dopo la protesta aveva accusato i manifestanti di tradimento, nel nuovo discorso ha ceduto alle loro richieste:

 

"Dopo aver ascoltato attentamente il popolo del Kenya, che ha detto forte e chiaro che non vuole avere nulla a che fare con questa legge finanziaria, chino la testa e non la firmerò. Quindi sarà ritirata", ha detto Ruto, che ha promesso di aprirsi al dialogo con i giovani.

 

Sono loro, infatti, i protagonisti di questa mobilitazione. Sono i giovani delle periferie e delle baraccopoli, dove arrivano TikTok e i risultati dei campionati europei di calcio, ma non arriva l’acqua corrente, che vedono aumentare il costo del latte da 45 a 70 scellini e del pane da 50 a 75 . “Non vogliono che mio figlio mangi chapati (un pane non lievitato) o mandasi (bocconcini di pane fritto)”, dice Gladys, 26 anni. […]

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“I deputati che hanno votato la legge finanziaria non ne verranno colpiti: hanno i soldi per mangiare, curarsi, pagare la scuola ai propri figli. Noi invece siamo poveri”, dicono David e Bryan, 18 e 17 anni. […]

 

Il Kenya infatti è in pole position per esprimere il Presidente dell’Unione Africana nel 2025, a conferma del suo percorso di ascesa politica ed economica a dispetto del debito nei confronti dei Paesi sviluppati che lo strozza. “Ogni 100 scellini che riceviamo in tasse, ne paghiamo 61 in interessi sul debito”, ha ricordato nel suo discorso Ruto, un po’ come per scusarsi.

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Il Kenya è un Paese con grandi potenzialità economiche, prospero in corrispondenza degli sbocchi sul Lago Vittoria e l’Oceano Indiano, ma che nell’entroterra subisce le peggiori conseguenze della crisi climatica, nonostante ne sia poco responsabile: l’85% dell’energia elettrica è prodotta da fonti rinnovabili. La siccità flagella il Paese a Nord, soprattutto verso la Somalia e il Sud Sudan, dove si trovano Dadaab e Kakuma, due dei campi profughi più grandi al mondo. […]

 

2-KENYA IL SOGNO TRADITO

Estratto dell’articolo di Domenico Quirico per “La Stampa”

 

Il fatto è nuovo, rimarchevole: gli insorti di Nairobi non si sono dedicati alla sterile modalità dei moti africani per la fame, ovvero assalti e saccheggi di supermercati, pogrom contro i negozi di minoranze ricche e per questo detestate come gli indiani. I manifestanti contro le tasse e il malgoverno di un presidente sanguisuga erano dapprima pacifici e quieti.

 

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Di fronte alla tradizionale abitudine manesca di polizia ed esercito hanno scelto una nuova meta, occupare il parlamento, il luogo del Potere. Che cosa ci insegna questa lezione? Che c'è della stoffa finalmente rivoluzionaria in questa generazione ribelle; segno che qualcosa sta cambiando dal Nord al Sud del continente.

 

Questo è un Paese in cui anche l'opposizione è marcia, tanto che per riempire le piazze ricorre al sistema di pagare i disperati delle bidonville perché irrobustiscano i suoi cortei, e grida ai colossali brogli elettorali (verissimi) ma solo con la speranza di ripeterli la prossima volta a suo vantaggio.

 

Ebbene: balza su una intifada di nuovo stampo, consapevole che il nemico, in tutto il continente, sono i presidenti "democratici", funzionari obbedientissimi di Stati Uniti e Fondo monetario, i proconsoli corrotti e bugiardi dei miracolosi "aggiustamenti strutturali" a spese dei poveri, monatti senza scrupoli di un potere finanziario e politico mondiale di cui le plebi di Nairobi e di Kinshasa, di Dakar e del Cairo sono l'eterno combustibile umano, manipolabile e straccione.

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Ora bisognerà vedere se questa generazione di rivoltosi, quel 60% di kenioti che hanno meno di 35 anni, saprà diventare una generazione di rivoluzionari, ovvero saprà saldare il suo no alla immensa fanteria rivoluzionaria delle baraccopoli, dando loro parole d'ordine e strategia.

 

Perché è lì, in quella pentola bollente, tra vampe di rabbia e odori grevi, che è sempre la chiave della vittoria: portare i diseredati fuori dai loro tuguri e muoverli verso il triangolo della Nairobi dei ministeri e dei ricchi, dove i turisti vanno a comperare il souvenir masai made in China. Una sfida difficile, sul filo del rasoio.

 

[…] Signori afrottimisti, forsennati dei dossier speciali sull'"Africa che avanza", come la mettiamo con il Kenya? Sì, l'ottimismo consolatorio, impastato di "la democrazia avanza!", internet, i "pil in ascesa", manager e start up, adieu a genocidi e massacri, a carestie e tribalismo omicida, è proprio una storia meravigliosa. Il problema purtroppo è che non esiste alcuna ragione per ritenere che sia vera.

 

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In termini più crudi, non basta dire che abbiamo la coscienza a posto perché tutto finirà bene, prima o poi: i miracoli del mercato, la globalizzazione, i piani Mattei eccetera.

 

La colpa, proprio perché la descrizione è fondata su false premesse, è che si danno false speranze a genti che hanno un disperato bisogno di rivoluzioni. L'Africa vera un chilometro al di là degli hotel, dei saloni conferenze, dei ministeri degli afrottimisti, è una serie di Ground Zero dove la gente non ha elettricità e vive con un dollaro al giorno.

 

Dirlo è cinismo, pessimismo rassegnato? È solo senso della realtà per quanto si possa desiderare che le cose stiano diversamente. Perché poi un mattino spuntano i roghi e le sparatorie nel centro di Nairobi. Diavolo! Ma non stavano diventando ricchi e felici?

 

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Negli schemi di questi (sprovveduti? Consapevoli?) agit prop della ricolonizzazione sorridente, il Kenya era un esempio della Meraviglia che verrà, un'"economia dinamica" deliziosa metafora, un pilastro del nuovo gigante economico del ventunesimo secolo sulla via di prender il testimone dell'America e dell'Europa. Nientemeno.

 

L'afrottimismo respinge milioni di africani nelle tenebre della statistica, fa, a tavolino, il maquillage a questo universo di vittime e vampiri che è l'Africa reale. Nello schema l'africano è tollerato e simpatico a condizione di non contraddirci e di fare i nostri interessi.

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Semplicemente il vecchio atteggiamento dell'imperialismo ribaltato. Sono i professionisti dell'ottimismo che hanno preso il posto dei sorpassati professionisti della commozione. Degli uni e degli altri l'Africa nuova, che deve essere rivoluzionaria e quindi violenta se vuole esistere, si sbarazzerà. […]

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