Antonio Guerrera per “la Repubblica”
Nel suo ultimo romanzo "Eccomi" (Guanda), un sisma colpisce Israele, innesca il caos e gli ebrei all' estero sono di fronte al dilemma: tornare o no in Medio Oriente per difendere la propria "casa"? Per Jonathan Safran Foer, in America l'8 novembre è successa più o meno la stessa cosa: il terremoto Donald Trump ha scosso l'America e il mondo. E ora in molti, soprattutto gli oppositori del repubblicano, si interrogano su come reagire a questo shock.
C'è già chi è sceso in piazza. Secondo lei è giusto protestare contro un presidente eletto solo qualche giorno fa?
«La domanda da porsi non è se è giusto o sbagliato, ma se è necessario. E lo è, assolutamente. Badi, non è una questione politica. Molte persone hanno provato un dolore immenso nel vedere Trump alla Casa Bianca. Siamo feriti dentro, abbiamo paura. E noi siamo la maggioranza, come dimostra il voto complessivo. Scendere sin da ora in strada è un buon modo per dire: "Attento a quello che fai, Donald. Noi siamo qui a controllarti". Ci vuole una resistenza pacifica, subito. E fino a quando sarà pacifica, ne farò parte anche io».
Queste proteste saranno il prologo di disordini ben più gravi?
«Bastano due stupidi violenti per trasformarle in un incubo. Presto potrebbero arrivare i saccheggi, riots, rivolte sanguinose. Manca poco».
Nei sospiri di Jonathan Safran Foer traspira una delusione così pesante che persino un grande romanziere come lui fatica a trovare le parole dopo il trionfo di Trump: «Sento una disperazione enorme. Una tristezza generazionale. Un profondo imbarazzo. Mi vergogno. Sì, mi vergogno. Nei confronti dei miei figli, e di tutti voi che non siete americani».
Lei è ancora orgoglioso di essere americano dopo l'8 novembre? O pensa di scappare nel vicino Canada, come molti suoi connazionali?
«No, io rimango qui. Non scappo. Sono ancora orgoglioso del mio Paese, nonostante tutto. Siamo sopravvissuti a Bush figlio, dobbiamo fare lo stesso con Trump. L'altro giorno ero al parco con mio fratello, a New York: davanti a noi c'erano una famiglia afroamericana, una ebrea, una musulmana, una bianca, tutte insieme. Siamo l'unico paese al mondo a essere così diversi e così uniti. Non possiamo andare via, perché ora ci aspetta una grande sfida: rimanere in America e difendere la nostra ricchezza. Siamo un paese di migranti: se perdiamo questa nostra anima, perdiamo tutto».
Ma lei come si spiega la disfatta di Hillary Clinton?
«C'è tanta rabbia in America. Capisco le persone frustrate dal lavoro e dalla globalizzazione. Ma la rabbia non porta mai a niente. E poi, nella nostra epoca frenetica, estremamente instabile, il carisma è ancora più fondamentale. Trump ne aveva tanto, Hillary no. Non c' entra tanto la misoginia, che comunque esiste. Michelle Obama avrebbe stravinto. Perché lei ha carisma. Ad ogni modo, non credo sia stato un voto democratico».
In che senso?
«Il sistema dei grandi elettori, che ha dato la vittoria a Trump nonostante Hillary abbia preso più voti, non ha senso. E poi le procedure di voto sono diventate sempre più farraginose e burocratiche: c' erano file enormi ai seggi, mentre gli sgherri di Trump li circondavano, quasi a intimidire. E poi ha influito il gerrymandering degli ultimi anni (cioè la modifica dei collegi elettorali da parte dei partiti per favorire l' uno o l' altro candidato, ndr).
Tutto questo ha sfavorito soprattutto le minoranze».
DONALD TRUMP TRA I SUOI ELETTORI
Cosa la spaventa di più della presidenza Trump?
«Innanzitutto il caos che può generare a livello mondiale. Se l' 11/9 sono stati dirottati alcuni aerei, Trump al comando ha un potenziale enorme di far danni, come centinaia di aerei impazziti. Dite che somigli a Berlusconi, ma lui è molto peggio. Con il Congresso e la Corte suprema dalla sua parte temo uno stato autoritario, l' opposizione silenziata, limiti a Internet. Insomma, un regime, nel peggiore dei casi.
Dipende se manterrà le sue orride promesse. Deporterà i musulmani? Metterà fuori legge l' aborto? Discriminerà i latinos? Manderà in carcere Hillary Clinton? Chi lo sa come si comporterà? So solo che non riesco più a parlare ai miei figli, non riesco a spiegar loro come il nostro Paese abbia potuto scegliere Trump. Come si può dire a una figlia che il suo presidente promuove una visione barbara e aberrante della donna? Questa elezione avvelenerà un' intera generazione».