L’EUROPA SCAZZA CON LA SVIZZERA! - BRUXELLES IRRITATA CON BERNA CHE NON VUOLE FIRMARE UN ACCORDO-QUADRO CON CUI IL PAESE ELVATICO FINIREBBE NEL MERCATO UNICO, DELLA LEGISLAZIONE COMUNITARIA E DELLA GIURISDIZIONE DELLA CORTE EUROPEA DI GIUSTIZIA - PER RITORSIONE L’UE NON RINNOVA “L’EQUIVALENZA” CON LA BORSA DI ZURIGO: MERCATI FINANZIARI CHIUSI AI RISPETTIVI TITOLI

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Stefano Stefanini per “la Stampa”

 

I RAPPORTI TRA SVIZZERA E EUROPA I RAPPORTI TRA SVIZZERA E EUROPA

L'onda lunga di Brexit lambisce anche le Alpi. Riluttante a firmare l' accordo-quadro con Bruxelles, raggiunto dopo quattro anni di negoziati, la Svizzera incorre nelle ire della Commissione. Poca propensa a sconti, brutto esempio per i britannici, l' Ue mette in castigo Berna, o più esattamente Zurigo. Punita è infatti la Borsa elvetica cui, a partire da lunedì non è più rinnovata «l' equivalenza» Ue. Il governo svizzero restituisce pan per focaccia, escludendo i titoli quotati a Zurigo dalle piazze finanziarie Ue.

 

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Lo scontro sulle Borse è una cortina fumogena. La divergenza investe la natura del rapporto Ue-Svizzera, finora segmentato in una pluralità di accordi bilaterali. La Commissione spinge per sistematizzarlo attraverso un accordo quadro. Berna preferirebbe lasciare le cose come stanno. Gli accordi bilaterali tengono Berna su un piede di formale parità con Bruxelles - anche se la realtà è naturalmente un' altra e gli svizzeri lo sanno bene.

 

Con l' accordo quadro la Svizzera finirebbe nel calderone del mercato unico, della legislazione comunitaria, della giurisdizione della Corte europea di giustizia. Con lo svantaggio di non essere Stato membro e quindi di subire le decisioni dell' Ue.

Berna non può dire che non vuole l' accordo quadro ma fa resistenza passiva. Il braccio di ferro dura da tempo.

 

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Circa un anno fa, la Commissione ha tirato fuori dal cappello l'arma dell'equivalenza borsistica. L'astruso linguaggio per iniziati nascondeva la minaccia di togliere l' accesso della Borsa di Zurigo ai mercati finanziari Ue. La pressione ha avuto successo, l' accordo è stato concluso. Poi Berna si è divincolata e ha chiesto più tempo. Bruxelles ha atteso sei mesi, si è stufata e ha messo in atto la minaccia.

 

Il reciproco diniego dell' accesso delle Borse Ue al mercato svizzero non cambia il calcolo della Commissione. Dato il rispettivo volume di scambi il grande perdente è la Svizzera (per ora: dopo Brexit le cose potrebbero cambiare). C' è però chi, Italia compresa (in compagnia di tutti gli altri vicini alla Confederazione, ad eccezione della rigorista Francia), si domanda se Bruxelles non abbia sbagliato il calcolo. L' equivalenza borsistica dipende da fattori tecnico-finanziari; il rapporto Ue-Berna è politico-strategico. Mischiarli è pericoloso.

 

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Siamo in presenza di due errori di calcolo. Alla radice c' è quello svizzero di traccheggiare, sperando di spuntare più concessioni dopo Brexit. Nei corridoi della Commissione si lamenta che Berna non abbia negoziato in buona fede. La Commissione non si è resa conto di avere in mano un' arma come l'atomica: efficace (ha portato gli svizzeri al tavolo) ma da non usare. Non ne controlla le conseguenze. C'è il rischio di escalation bilaterale, specie se il Parlamento di Berna sospendesse il contributo (circa 1,3 miliardi di euro) ai fondi di coesione. Bruxelles ufficialmente minimizza l'effetto di turbativa sui mercati finanziari che avrà la doppia sospensione dell' equivalenza; confidenzialmente ammette di non saperlo (o peggio di temerla).

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Dando una lezione a Berna, Bruxelles avverte Londra (e il suo futuro premier) che non ci saranno sconti su Brexit. Poteva farlo con minor fanfara e senza aprire un altro fronte sulle Alpi. Che rischia di allontanare, anziché avvicinare, il giusto obiettivo di un accordo quadro Ue-Svizzera.

 

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