L’IRA IRANIANA NON SI FERMA – DOPO CHE LA POLIZIA HA UCCISO MAHSA AMINIRAGAZZA DI 22 ANNI ACCUSATA DI ESSERE "MAL VELATA", NEL PAESE LE DONNE (MA NON SOLO) CONTINUANO A PROTESTARE BRUCIANDO GLI HIJAB E DISTRUGGENDO LE EFFIGI DI KHAMENEI, GUIDA SUPREMA DEL PAESE: “MORTE AL DITTATORE, NON VOGLIAMO LA REPUBBLICANA ISLAMICA!” - GLI SCONTRI SONO COSTATI LA VITA AD ALMENO ALTRE 3 PERSONE, LA CLASSE MEDIA SI È UNITA ALLE PROTESTE ED È INCAZZATISSIMA PER TUTTI GLI ANNI DI MALAGESTIONE DEL PAESE - VIDEO

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Viviana Mazza per il “Corriere della Sera”

 

mahsa amini giornale mahsa amini giornale

Lo fanno le ragazze nei video condivisi sui social, lo fa qualche uomo come il calciatore curdo Mohammad Zobeir Niknafs dell'Esteghlal, e succede anche in piazza, dove una giovane di Kerman si recide la chioma tinta di biondo tra gli applausi. Tagliarsi i capelli in segno di lutto è un'usanza curda che forse le donne praticano ancora solo nei paesini del Kurdistan. È diventato in tutto l'Iran un simbolo del dolore per Mahsa Amini - che in quella regione era nata - e dell'opposizione al regime.

 

mahsa amini in coma mahsa amini in coma

In decine di piazze e in tutte le maggiori università del Paese continuano e crescono le manifestazioni iniziate sabato scorso al funerale della ragazza di 22 anni finita in coma poco dopo essere stata arrestata dalla cosiddetta polizia della moralità perché «mal velata». Vani gli appelli alla calma della polizia che giura sia stato un incidente, del presidente Ebrahim Raisi che promette un'inchiesta e definisce Mahsa «una figlia». Inutili le condoglianze di un consigliere della Guida suprema Ali Khamenei che assicura alla famiglia che lo stesso ayatollah è «addolorato».

 

proteste in iran proteste in iran

Gli scontri hanno portato alla morte di almeno tre persone: secondo il gruppo curdo per i diritti umani Hengaw sono morte sotto il fuoco degli agenti; le autorità confermano il numero, ma sostengono che la violenza è fomentata dall'estero e accusano, senza precisazioni, anche le ambasciate. Non si tratta solo di una contestazione contro il velo obbligatorio. Grida come «Morte al dittatore» e sassate contro l'immagine di Khamenei accompagnano le proteste sin dal primo giorno.

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Nella notte di ieri due ragazze di Mashhad, la capitale religiosa dell'Iran, gridavano in piedi su un'auto della polizia in fiamme: «Noi non vogliamo la Repubblica islamica». Sul balcone del municipio di Sari, nel Nord, due giovani distruggevano le effigi di Khamenei e del fondatore della Repubblica islamica Ali Khomeini; in piazza una ragazza danzava e gettava l'hijab in un falò.

 

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Negli ultimi anni non sono mancate le proteste per il carovita, la siccità, o il velo. Rispetto al dicembre 2017, quando una donna di nome Vida si tolse il velo e lo sventolò come una bandiera in via della Rivoluzione a Teheran, imitata da molte altre, i filmati di queste ore sembrano mostrare una più ampia contestazione a partire dal simbolo dell'hijab e un ritorno in piazza della classe media, impoverita dalle sanzioni e dalla cattiva gestione del Paese da parte di un regime che non accetta le richieste di riforme dall'interno, come quelle avanzate dal'Onda verde del 2009.

 

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«A quel tempo avevamo la speranza di un qualche cambiamento dall'interno. Ora non c'è più speranza. Non c'è richiesta di riforme, ma solo rabbia», ci dice Farahmand Alipour, che fu uno dei portavoce di quel movimento e da allora vive in esilio. Ogni sistema totalitario dipende da simboli e rituali, ma in questo modo si rende vulnerabile. Sfidarne l'autorità usando il velo, diventa un'arma politica. Qualcuno sui social azzarda pure un nome per un nuovo movimento: «Donne, Vita, Libertà». Ma gli arresti sono già decine e la Repubblica islamica respinge le condanne dell'Onu, degli Stati Uniti e dell'Italia.

 

 

 

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