Goffredo De Marchis per la Repubblica
«Sulla durata del governo decide Gentiloni», aveva detto sibillino Matteo Renzi domenica scorsa in tv. Una settimana dopo, Paolo Gentiloni gli comunica, sempre in tv, che ha deciso: il suo esecutivo dura fino a febbraio 2018, la fine regolare della legislatura.
L' asse Gentiloni-Mattarella ha deciso che il percorso è questo, che non si può scrivere il Def, il documento di programmazione economica, senza collegarlo direttamente alla legge di bilancio (da presentare a metà ottobre), che va pensata un' agenda di riforme con il passo più lungo del giorno per giorno.
Poi c' è il pressing europeo per avere garanzie sulla stabilità dell' Italia: si è fatto sempre più forte e insistente. Così come una pressione interna del mondo economico e imprenditoriale. Compresi quelli che hanno votato Sì al referendum di dicembre, osservano a Palazzo Chigi. Cioè, a favore di Renzi. In questi sette giorni si è abbattuta anche la tempesta giudiziaria che investe il giglio magico e il padre dell' ex segretario, Tiziano. Una coincidenza.
Non il fattore determinante per il cambio di passo di Gentiloni. Ma così «sono maturate tutte le condizioni» per far capire a Renzi che occorre variare lo schema e non si può stare fermi in attesa che venga confermata la sua leadership del Pd.
Niente elezioni anticipate, dunque. La finestra di giugno era già chiusa causa primarie fissate il 30 aprile. Ora vengono sbarrati anche gli infissi per un' improbabile chiamata alle urne a fine settembre, sulla quale però l' ex segretario continua a coltivare il sogno. Il premier in carica si trasforma da "provvisorio" in definitivo. Da governo a tempo, qualche mese e via, Gentiloni allunga l' orizzonte fino al traguardo finale. Da sprinter a maratoneta.
Lo strappo, il premier lo fa alla sua maniera. Non ingaggia un braccio di ferro, si limita ad aspettare il tempo giusto per dettare le sue condizioni. C' è un' intesa con Renzi? Evidentemente no. Ma sono le circostanze a incaricarsi di mostrare al predecessore di Gentiloni che il quadro è mutato. «Non mi pare che abbia detto niente di nuovo. Non vedo la novità», dice l' ex segretario ai suoi collaboratori. Segno che la mossa di Gentiloni non era concordata.
Il presidente del Consiglio non poteva attendere oltre. Non a caso il suo allungo arriva alla vigilia del vertice a quattro di oggi Italia-Germania-Francia- Spagna e a pochi giorni dal consiglio europeo. L' Unione ha bisogno di certezze. Gentiloni e Pier Carlo Padoan devono presentarsi al tavolo delle istituzioni continentali con un mandato pieno e non a termine. «Altrimenti non li salutano più neanche gli uscieri», scherza un gentiloniano. Il realismo si è imposto sulla lealtà, che è la cifra del rapporto tra Gentiloni e Renzi.
Lo stimolo e il sostegno di Sergio Mattarella hanno fatto il resto, anzi moltissimo. Lo "scatto di reni" è frutto anche del pressing del presidente della Repubblica. «Non si può essere rassicuranti se non si è operosi», dice un deputato che fa da ufficiale di collegamento tra Palazzo Chigi e il Quirinale citando la battuta pronunciata da Gentiloni nel salotto di Domenica In.
L' operosità comincia dalla decisione sulla data del referendum sui voucher. Il consiglio dei ministri, secondo la volontà del premier, potrebbe fissarla già questa settimana. Al massimo, la prossima. Nel frattempo va avanti il dialogo con i sindacati per varare un provvedimento sui "ticket" lavorativi che depotenzi il quesito. «Vogliamo una soluzione concertata, ma fatta bene. Non una misura tampone. Una norma che duri nel tempo », dicono a Palazzo Chigi.
Il pacchetto economico è un altro tassello dell' orizzonte lungo. Il Def va presentato entro il 10 aprile e deve avere un legame con la legge di stabilità. Gentiloni vuole puntare tutte le risorse sull' abbassamento delle tasse del lavoro. Questa sarà la base della manovra economica di autunno e va disegnata già nel documento di programmazione.
Tenere tutto assieme serve all' Italia per avere un dialogo in Europa. Ed è la richiesta pressante che viene anche dal mondo produttivo italiano. La stabilità dunque è necessaria, non un optional. Per questo non si può attendere il 30 aprile, la data delle primarie. Bisogna subito scrivere un' agenda di riforme, anche se il Pd è in uno stato di sospensione. Ma quella data, per Renzi, è destinata a segnare un punto di svolta: un segretario legittimato dal voto di milioni di italiani sarà in grado di dare le carte. E di cambiarle.