Paolo Valentino per il “Corriere della sera”
merkel e macron firmano il trattato di aquisgrana 4
È l'ultima battaglia di Angela Merkel in Europa. È un Götterdämmerung , un crepuscolo degli dei che la signora di Berlino vorrebbe rendere meno cupo, forgiando l'intesa finale ancora una volta a immagine e somiglianza della sua Germania. Ma non è detto che la Grande Magia riesca. A ostacolarla sono troppe variabili impazzite e soprattutto la nuova consapevolezza di una coppia di giovani leader, il presidente francese Emmanuel Macron e il premier spagnolo, Pedro Sánchez, tentati di far saltare infine il grimaldello dell'egemonia tedesca, approfittando di una cancelliera indebolita che ha ormai superato lo Zenit del suo potere.
Ancora ieri sera, in margine al vertice di Osaka, Merkel lavorava a uno schema per risolvere il nodo delle nomine al Consiglio europeo in programma domani a Bruxelles. Buone fonti confermano che la soluzione proposta vedrebbe o il socialista Frans Timmermans o la liberale Margrethe Vestager alla presidenza della Commissione. Proponendo il primo, Merkel metterebbe a segno un gesto politico che potrebbe rafforzare la Grande Coalizione con la Spd, sempre traballante a Berlino. La Vestager invece sarebbe gradita a Macron.
Merkel cioè ha mollato definitivamente Manfred Weber, lo Spitzenkandidat dei popolari che rivendicava la guida dell' esecutivo in nome del primo posto del Ppe alle elezioni europee. Raccontano che la notizia sia stata comunicata al deputato bavarese mercoledì sera durante una cena al Kanzleramt, sia pure con un premio di consolazione: Weber verrebbe infatti risarcito con la presidenza del Parlamento europeo, dove la cancelliera vorrebbe assicurargli 5 anni. Ma questo non può garantirlo nessuno, visto che per regolamento la carica dev' essere rinnovata a metà legislatura.
A completare lo schema merkeliano, sarebbero il premier belga Charles Michel, liberale, alla presidenza del Consiglio europeo e un nome da stabilire, probabilmente una donna espressione di uno dei Paesi dell' Europa Centro-orientale, per quello di Alto Rappresentante. Snodo centrale del pacchetto è il posto di capo della Banca centrale europea attualmente occupato da Mario Draghi, dove Merkel sarebbe disposta a fare la madre di tutte le concessioni, dando il via libera a un francese, l' attuale governatore della Banque de France, François Villeroy de Galhau.
È il quadro di un'Europa ancora a guida carolingia, dove sia pure sotto traccia, la Germania continuerebbe a distribuire carte decisive, anche grazie a un controllo quasi militare dei gangli vitali della burocrazia comunitaria. Ma troppe controindicazioni invitano alla cautela. «Ci avviciniamo a una soluzione, ma siamo ancora lontani per essere specifici», ha twittato da Osaka il presidente del Consiglio europeo uscente, Donald Tusk.
Il problema di questo schema è che per quanto in apparenza in grado di coagulare un consenso importante, crea malumori, disagi e perfino aperte ribellioni. Malumori e disagio emergono già dalle file del Ppe, che si vedrebbe scippato del premio avito, la presidenza della Commissione, da uno dei candidati arrivati dietro Weber.
DONALD TUSK E TAOISEACH LEO VARADKAR
Molte delegazioni nazionali, Forza Italia è fra queste, avrebbero forti difficoltà a votare Timmermans. Contro il quale romba anche l'onda dei Paesi del Centro e dell' Est, dalla Polonia all' Ungheria. Quest' ultimo ostacolo, cioè un gruppo di Paesi guidato da Varsavia cui oltre a Visegrad potrebbero unirsi i baltici e la Romania, potrebbe far saltare l' idea.
Se il Ppe si impuntasse sulla presidenza della Commissione, sia pure accettando di rinunciare a Weber (ma a condizione che rinuncino anche Timmermans e Vestager) allora tornerebbe in ballo il nome, già circolato nei giorni scorsi del premier irlandese, Leo Varadkar. E allora i socialisti potrebbero rivendicare la presidenza del Consiglio. E tutto tornerebbe in gioco. Entreremmo in terra incognita, con una sola certezza: Angela Merkel avrebbe perso la sua ultima battaglia.