Luca Attanasio per La Stampa
Neanche il tempo di riporre i calici dei festeggiamenti per la nomina a cardinale di monsignor Jean Zerbo, arcivescovo di Bamako, annunciata dal Papa lo scorso 21 maggio, che sulla Chiesa maliana piomba il caso “Swissleaks”. Stando ai risultati dell’inchiesta pubblicata ieri sul sito del quotidiano francese Le Monde, che rispolvera alcuni documenti risalenti al 2002, monsignor Jean Zerbo e altri due massimi esponenti del clero maliano sarebbero accusati di appropriazione indebita di fondi e del trasferimento degli stessi in Svizzera.
L’articolo, che cita date, nomi e numeri di sette conti intestati alla Conferenza Episcopale maliana (CEM) per un ammontare totale di 12 milioni di euro, accusa Zerbo - all’epoca responsabile economico della CEM - e due vescovi, di un presunto accordo con esponenti finanziari svizzeri cui ha fatto seguito per decenni una gestione poco trasparente.
La chiesa maliana, per bocca della sua Conferenza episcopale, rimanda al mittente le accuse e fornisce la sua interpretazione di quello che definisce «un articolo tendenzioso» chiedendosi se non ci sia un secondo fine dietro rivelazioni del tutto inaspettate. Il timing, secondo i vescovi, è quanto meno sospetto. «Questo atto – si legge nel comunicato stampa rilasciato dalla CEM - compiuto nel momento in cui la nostra Chiesa viene onorata dalla nomina del suo primo Cardinale, mira a sporcare la sua immagine e a destabilizzarla. Dio che vede e che sa tutto, saprà un giorno ristabilire la verità».
Il Mali, attraversa da anni una crisi durissima. La guerra civile, esplosa nel 2012, si è ufficialmente conclusa nel 2015 ma gli attentati e gli scontri continuano a sconvolgere il Paese. All’interno e a ridosso dei suoi confini operano cinque gruppi qaedisti che proprio due mesi fa hanno annunciato dal Mali la volontà di unirsi fondersi e dare vita al nuovo movimento Jama’at Nusrat al-Islam wal Muslimeen.
La Chiesa, l’arcivescovo di Bamako in prima persona, sono da molti anni riconosciuti mediatori nel difficile processo di riconciliazione e hanno assunto ruoli attivi nei negoziati di pace. «Agiamo in piena trasparenza, al servizio delle opere della Chiesa e della pace», afferma in un altro passaggio il comunicato della Conferenza Episcopale che rivendica il lavoro svolto in nome della Chiesa e del popolo maliano.
«Conosco i giornalisti titolari dell’inchiesta – riferisce, raggiunta al telefono a Bamako da Vatican Insider, Christelle Pire, collaboratrice di Radio Vaticana e dell’emittente radio marocchina Medi1 – e so che si tratta di professionisti seri e accurati. Lavorano da mesi all’inchiesta e credo che le loro fonti siano attendibili. Esisterebbero prove certe di tre incontri avvenuti tra i prelati maliani coinvolti dall’inchiesta e funzionari bancari.
<Resta da capire innanzitutto da dove vengono questi soldi: sono soldi personali? In tal caso risulterebbe un po’ strano che un vescovo possegga tanto denaro. E poi, per cosa venivano o vengono utilizzati questi soldi? Perché sono stati trasferiti in Svizzera? In ogni caso, credo sia utile che la Chiesa faccia al più presto chiarezza perché fino ad oggi non ha detto molto riguardo ai conti e, a quanto pare, nessuno delle autorità finanziarie maliane, sapeva di questi presunti trasferimenti». Mathias Konaté, responsabile della legislazione fiscale maliana, infatti, ha negato di essere stato informato a riguardo.
L’attuale tesoriere della CEM, l’abate Noël Somboro, asserisce – come riportato dall’articolo di Le Monde -: «Sinceramente non mi sono mai occupato di conti off-shore e non so se la Svizzera possa essere considerata un paradiso fiscale. In ogni caso, noi abbiamo conti bancari in varie parti del mondo. Non escludo quindi che esistano questi conti, ma personalmente non ne ho traccia».
«Manco dal mio Paese da ormai due anni e non ho ancora molti elementi per giudicare. Posso dirle con tutta sincerità di essere davvero rimasto sorpreso», spiega Moisse Yebedie, un Padre Bianco della diocesi di Mopti, «quando ho appreso di questa inchiesta. Credo che ci sia qualcosa di strano sotto, come se si volesse sporcare l’immagine di una Chiesa che ha appena ricevuto la bella notizia del primo cardinale della sua storia. Monsignor Zerbo è stato il mio vescovo per più di due anni, è una persona buona, aperta e molto impegnata per la pace del Paese. Non riesco a credere che possa essere implicato in una cosa simile. Speriamo si faccia presto chiarezza per il bene la Chiesa e del popolo del Mali».