Lorenzo Lamperti per "La Stampa"
«In Cina funziona tutto meglio». In gergo si chiama «prendere in prestito una bocca per parlare». È quanto fa più spesso Pechino, che ha lanciato una massiccia campagna acquisti di casse di risonanza straniere della propria narrativa.
Una pratica avviata da tempo ma che si è intensificata in occasione dei Giochi 2022, coi riflettori del mondo che tornano ad accendersi sulla capitale della Repubblica Popolare. Dirsi da soli quanto si è bravi può funzionare, ma di certo è più efficace se ad affermarlo è qualcun altro. Specie se è occidentale, specie se è popolare sui social.
olimpiadi invernali pechino 2022
Vipinder Jaswal, collaboratore di Newsweek ed ex dirigente di Fox News e HSBC, ha firmato per conto della sua agenzia Vippi Media un contratto col consolato generale cinese a New York: 300 mila dollari per mettere a punto una campagna social di promozione di Olimpiadi e Paralimpiadi invernali.
Con la promessa di tre milioni di impression sui social media frequentati dai giovani americani e mettere a disposizione un esercito di influencer attivi su TikTok, Instagram o Twitch.
L'accordo è preciso e dettagliato: ogni influencer della sua scuderia deve produrre tra i tre e i cinque contenuti fino alla conclusione degli eventi a cinque cerchi. Il 70% del materiale riguarderà la cultura, inclusa la storia della Cina e della capitale, gli stili di vita moderna e le nuove tendenze. Il 30% affronterà invece questioni diplomatiche, con un taglio celebrativo degli esempi di cooperazione sinostatunitense.
Non è certo l'unico caso. Sono diversi gli expat attivi sulle piattaforme digitali a essere sfruttati da Pechino. Un report dell'Australian Strategic Policy Institute ha individuato 546 post che promuovono un'immagine positiva dello Xinjiang, la regione autonoma dove il governo è accusato di reprimere gli uiguri.
Tra questi i contenuti dello youtuber israeliano Raz Gal-Or e di tanti altri protagonisti di viaggi organizzati dalle autorità. C'è poi chi, come i due britannici Lee e Oil Barrett, decanta il modello anti-Covid cinese.
Il tutto mentre oltre 20 mila account di influencer cinesi sono stati chiusi per aver prodotto contenuti non in linea coi valori socialisti. La Cina non nasconde più la convinzione che il proprio sistema sia migliore. Per un decennio ha investito per proiettare i suoi media all'estero.
Nel 2020 avrebbe speso 60 milioni di dollari solo negli Usa. Ma il confronto con l'Occidente si è ormai allargato dalle sfere commerciale e politica a quelle retorica e ideologica. Per questo ora Pechino cerca di parlare anche attraverso bocche altrui.