Fausto Carioti per “Libero quotidiano”
MATTEO RENZI E LA BOMBA A ENRICO LETTA
Abituato a sentirsi il più ganzo di tutti, a dileggiare gli avversari, convinto di riuscire a far approvare la riforma del Senato dagli stessi riottosissimi senatori, Matteo Renzi fatica a digerire un unico boccone. Trattandosi del pasto iniziale, quello che ha dato il via alla grande abbuffata, l' acidità di stomaco è comunque tanta. E aumenta, col crescere delle difficoltà che incontra il governo. Enrico Letta è sempre lì, l'ombra di Banquo che perseguita il premier.
Parlare di ritorno di Letta è sbagliato: la verità è che non se ne è mai andato. «Mi dimetto dal Parlamento, non dalla politica», disse quando accettò la direzione della Scuola di affari internazionali di Sciences Po, a Parigi. Infatti è rimasto a modo suo, secondo lo stile di una certa Dc e di zio Gianni: ritagliandosi un ruolo diverso, defilato, ma non meno ambizioso.
Senza contaminarsi con i tweet che quell' altro spara a raffica, senza entrare nel pollaio della politica quotidiana dove Renzi gode a fare il gallo. La partita del giovane Enrico è un' altra: lui ha scelto di giocare da riserva del Pd. O, se si preferisce, da riserva della Repubblica. Quando arriverà il momento, lui ci sarà.
Renzi lo sa: la domanda che il Corriere della sera gli ha fatto una settimana fa, se Massimo D' Alema e Pier Luigi Bersani intendano candidare Letta al congresso del Pd del 2017 (uno degli scenari in cui le strade dei due potrebbero incontrarsi di nuovo), coincide con le aspettative del premier. Che infatti, come è nel suo stile, l' ha subito liquidata nel modo più strafottente: «Per me sarebbe molto divertente. Potremmo confrontare i risultati dei rispettivi governi». Letta non risponde, ma segue il suo percorso.
ASSEMBLEA PD PRIMA FILA MADIA RENZI LETTA
È appena stato al forum organizzato dal Gruppo Ambrosetti, dove è intervenuto ieri, nella giornata dedicata ai politici di professione: dopo di lui, nel primo pomeriggio ha parlato Renzi, e l' organizzazione ha provveduto a evitare imbarazzanti faccia a faccia. All' ex premier il compito, in mattinata, di introdurre il collegamento con Sergio Mattarella e di moderare la tavola rotonda sull' Europa.
Nessuna polemica diretta con chi lo ha fatto fuori dopo avergli scritto #enricostaisereno, ma ai giornalisti della Cnbc e delle altre testate straniere che anche a Cernobbio lo hanno cercato, Letta ha raccontato una storia agli antipodi di quella che piace al premier: quel poco di vitalità che dimostra l' economia italiana in questa fase non lo si deve al governo, ma all' intervento del presidente della Bce, Mario Draghi, che ha fatto scendere i tassi, al cambio euro-dollaro e al basso costo del petrolio. Meriti particolari, Renzi deve ancora dimostrare di averne.
MATTEO RENZI NELL UFFICIO DI LETTA A PALAZZO CHIGI
Che siano in tanti a essere rimasti vicini a Letta lo si vedrà pure questo pomeriggio a Frascati, dove sarà ospite di Magna Carta, la fondazione di Gaetano Quagliariello, coordinatore del Nuovo Centrodestra. Terrà ai giovani della Summer School una lezione sul tema «L' Italia può fare a meno dell' Europa?», e la risposta negativa è ovviamente scontata. Meno scontato il fatto che dentro al partito di Angelino Alfano, sempre più attratto dall' orbita di Renzi, ci sia ancora chi dialoga e tesse con uno che ufficialmente fa il professore in Francia e sta sulle scatole al premier.
MATTEO RENZI NELL UFFICIO DI ENRICO LETTA A PALAZZO CHIGI
Gli organizzatori fanno sapere che l' invito a Letta risale a sei mesi fa e che lo spirito dell' evento è puramente accademico, ma resta il fatto che la damnatio memoriae e gli sfottò che Renzi riserva al suo predecessore riguardano solo il segretario del Pd e la sua strettissima cerchia, e non sono condivisi da tanti, anche dentro al partito e alla maggioranza, che anzi manifestano sentimenti opposti.
E domani altra apparizione in un' altra Summer School: quella di Confartigianato, dove sarà ospite assieme al forzista Antonio Tajani, vicepresidente dell' europarlamento. Letta c' è, conta ancora amici ed estimatori, e questo a Renzi non garba.
Anche perché l' ex margheritino può vantare un' affinità culturale e politica con Mattarella che l' altro non ha: la radice diccì dell' ex premier è la stessa del Capo dello Stato, mentre Renzi è qualcosa di diverso, di nuovo, antropologicamente più vicino al berlusconismo che al popolarismo, due elementi incapaci di comprendersi e miscelarsi. Mattarella deve la propria elezione a Renzi, che lo ha preferito a Giuliano Amato, e ancora per un po' questo peserà. Ma non durerà per sempre: la riconoscenza eterna è una categoria che in politica non esiste. E allora, se Renzi finirà nei guai, potrà venire il momento delle riserve della Repubblica.