Alberto Gentili per Il Messaggero
A caccia di indecisi, convinto che il Sì possa farcela, Matteo Renzi lancia l' allarme sul dopo: la crisi di governo che verrebbe innescata dalla vittoria del No. «Non si può rischiare il salto nel vuoto. Bisogna andare avanti, non tornare nella palude».
E che questo sia il tasto da battere, lo confermano le parole del ministro Graziano Delrio: «Se vince il No il governo dovrà prendere atto che una sua importante proposta di semplificazione e di ammodernamento del Paese non è andata a buon fine. Quindi bisognerà rimettere il mandato nelle mani del presidente della Repubblica. Poi sarà il presidente Mattarella a decidere il da farsi».
Renzi ha ben chiaro cosa fare in caso di sconfitta. Salirà sul Quirinale e dopo le dimissioni dirà no a qualsiasi governo tecnico: «Non staremo a vivacchiare in un sistema di veti e controveti, di governicchi. Vogliono bloccare il Paese, io voglio vada avanti». Dello stesso avviso il ministro Maria Elena Boschi: «Non mi rassegno a pensare, come suggerisce l' Economist, che l' Italia debba avere un governo di tecnici. Abbiamo già fatto quell' esperienza...».
Renzi, per convincere gli indecisi, fa anche appello alla difesa dell' interesse nazionale: «Se vince il Sì avremo un governo stabile e solido e con Francia e Germania che vanno alle elezioni, saremo il Paese più forte in Europa. L' Italia avrà grandi responsabilità per far cambiare le politiche economiche spingendo per la crescita e per regolamentare il flusso dei migranti».
«BASTA PAESE BLOCCATO» Poi il leader del Pd torna a illustrare «le tante buone ragioni della riforma» sottoposta a referendum: «Visto cosa è successo alla legge Madia sulla Pubblica amministrazione? La Consulta ha fatto una sentenza evolutiva e ha detto che se vuoi licenziare un dirigente incapace, devi avere l' autorizzazione delle Regioni. E se una sola dice no, non se ne fa nulla.
Se invece vince il Sì, avrai una sola Camera e non avrai bisogno di tutti questi passaggi. Basta con l' Italia bloccata dai veti!». Ancora, portando un esempio: «L' abbassamento dei costi della politica c' è veramente. Oltre agli stipendi, alle segreterie, ci sono i tagli ai gruppi. Con la riforma il Pd perderà 30 milioni al Senato in una legislatura. Ed è giusto».
E giù a picchiare duro, sottolineando le contraddizioni degli esponenti del No. Su Berlusconi: «Il Cavaliere dice che con la riforma c' è un uomo solo al comando. Detto da lui fa ridere: voleva dare al premier il potere di sciogliere il Parlamento».
Su D' Alema: «Sta insieme a Berlusconi, ma non ha il coraggio di dirlo alla famiglia. Ha votato la Raggi? Questa è proprio una domanda con i baffi...».
«GRILLINI INCOERENTI» Le bordate migliori sono però per i Cinquestelle «che volevano tagliare i costi della politica ma ora votano no.
Curioso...».
Ecco quella su Di Maio: «Dice che trasformerò l' Italia in una dittatura tipo quella del Venezuela di Pinochet. Primo: era il Cile. Secondo: si sciacqui la bocca, la democrazia è una cosa seria». E su Beppe Grillo: «Quando ha iniziato a fare politica mi faceva ridere, ma adesso è meglio. Ha detto che vuole far pagare al Papa l' affitto dei musei vaticani, peccato che quei musei siano nel Vaticano. Forse Grillo vuole fare una breccia di Porta Pia bis con trolls e fake e dirà al Papa: Questa è Grillolandia e tu paghi l' affitto.
Ci sono anche due notizie per lui. Una buona: la riforma abbassa, come voleva lui, il numero delle firme per fare il referendum. Quella cattiva: le firme devono essere vere, non false!». Non manca una stilettata al sindaco Virginia Raggi: «Ha detto che non intende fare la senatrice se passa la riforma. Purtroppo i romani non si chiedono se farà la senatrice, ma quando comincerà a fare il sindaco...».
La chiusura è un appello: «Comincia una settimana decisiva per cambiare l' Italia. Il 5 dicembre il nostro Paese può essere più forte e in grado di affrontare le sfide internazionali, oppure restare un Paese bloccato.
Lottate per cambiare, tutto dipende da voi: se parte il tam tam, se fate il porta a porta per convincere gli indecisi, vinciamo noi. Se non parte vince il No, vince la Casta e l' Italia perde altri vent' anni».