Alessandro Trocino per il Corriere della Sera
«Ho provato come un senso di abbandono». Fausto Bertinotti è commosso. Si allontana dal telefono per leggere un manifesto sulla parete: «Eccolo: Habana, Festival de la canción popular , 1967». Da allora è rimasto fedele al líder máximo : per i suoi 80 anni gli scrisse, affettuoso: «Lunga vita, Comandante». Gli rispose Pietro Ingrao, su Liberazione : «Quello cubano è un regime di pesante dittatura».
Un senso di abbandono, dice.
«La storia a cui ho appartenuto se ne va. La morte di Castro è struggente. E dolorosa, per uno della mia generazione politica: è la fine di un' epoca. La fine del Novecento. L'epigrafe migliore è la sua frase: la storia mi assolverà».
La storia lo assolverà?
«Vorrei ricordare Brecht, quando diceva: voi che verrete dopo, siate indulgenti con noi, che abbiamo preparato la gentilezza ma non abbiamo potuto essere gentili. Messaggio che non condivido, ma che per quella storia vale».
Lei incontrò Castro?
«Più volte. Ricordo conversazioni lunghe anche una notte sulla globalizzazione. I suoi piedi erano a Cuba, ma la testa girava sul mondo».
Come avvenivano gli incontri?
«Una volta che ero con mia moglie Lella e nella casa vicina c' era García Márquez. Lui poteva chiamare per l' incontro a qualsiasi orario del giorno e della notte. Era un grande affabulatore, con un enorme carisma. Fu anche questo a far diffidare di lui Pietro Ingrao e Rossana Rossanda».
Ecco, Ingrao. Fu durissimo con lei.
«C' era una questione generazionale. Il gruppo dirigente del Pci non ha mai avuto una vocazione terzomondista. Ingrao, poi, ci trattava come un padre che guarda ragazzi scapigliati».
Il regime castrista imprigionava i dissidenti, silenziava i giornali, perseguitava i gay. Si può chiamare «dittatore» Castro?
«Mi pare fuorviante. Enfatizza una dimensione, ma non è per questo che Castro passerà alla storia. È la tessera del mosaico non il mosaico».
Cuba e l' Unione Sovietica.
«Incontrando Fidel, trovai un libretto sul cottimo, tradotto dal russo. Glielo dissi: "Vi adattate a un modello autoritario". Lui rispose: "Quando ti devi cercare un alleato, l' importante è che sia molto lontano". Un modo per far capire che era alleanza necessaria ma scomoda».
Non ci fu democrazia né pluralismo.
«È vero, ma una volta andai all' Avana, invitato prima della visita del Papa. Mi disse: "Di pluralismo ci sarebbe bisogno, ma qui l' opposizione sarebbe la longa manus dell' imperialismo. La visita del Papa apre una via al pluralismo"».
Le critiche da sinistra sono sbagliate?
«Ho ben presente il lato oscuro del castrismo. Noi contestammo le condanne a morte e per un periodo sospendemmo i rapporti. Ma non dimentichiamo il resto».
La sanità e la scuola.
«Sembra rituale ripeterlo, ma assicurare eguaglianza, scuola e sanità per tutti fu un atto unico. Cuba sotto Castro non è stato il migliore dei mondi possibili, ma certo è stato un combattimento per diventarlo. E poi se criticassimo, si potrebbe dire: da che pulpito viene la predica? È stato tale il fallimento della nostra sinistra europea, che c' è il dovere di prenderla bassa, quando si critica gli altri».
Lei disse che Castro è insostituibile. E ora?
«Senza il suo carisma, non si può chiedere a Cuba di continuare a essere quello che è. Spero solo che non perda del tutto quella luce che l' ha illuminata dal giorno dell' arrivo dei barbudos » .