Intervista di Matteo Pucciarelli a Matteo Salvini per "la Repubblica"
«Hanno rotto le palle…», e nel palazzetto gremito scatta l' applauso più sentito di tutti. Il riferimento di Matteo Salvini, che chiude la storica festa della Lega Nord in val Camonica, è ai vescovi accusati di fare la paternale al Carroccio sui migranti. Indiziato principale, il segretario della Cei Nunzio Galantino. Sono dei buonisti, anzi dei politicanti, «si candidino con Vendola». Il giorno dopo lo show, Salvini non fa un passo indietro.
"Libera Chiesa in libero Stato", dice lei. Per la prima volta il centrodestra sembra attaccare frontalmente il mondo cattolico. È la svolta "mangiapreti" della Lega?
«Ma no, il fatto è che non ricordo vescovi che utilizzano certe parole spudorate e volgari contro un partito politico che rappresenta milioni di italiani che vanno a messa tutte le domeniche e pagano le tasse. Cittadini che poi magari danno anche per l' 8 per mille alla stessa Chiesa. Me la prendo con una parte minoritaria e politicizzata di quel mondo, che sono sicuro non rappresenta il suo corpo sano».
Però anche il Papa sui migranti invita alla solidarietà, ad abbassare i toni, a non cercare consenso sulla loro pelle. O no?
«Il Papa fa il mestiere del Papa e parla alle anime. Chi amministra oltre alle anime deve pensare al lavoro, alle scuole, agli ospedali. A cose più concrete».
La cosiddetta "emergenza immigrazione" sta giovando molto alla Lega. Ma numeri alla mano non è un problema sopravvalutato, una sorta di percezione che state un po' cavalcando e un po' fomentando?
«Le vorrei far vedere la mia casella mail. Gente che chiede lavoro e casa. È in corso una guerra tra poveri. L' anno scorso ci sono stati 170mila sbarchi, senza la Lega la gente si farebbe giustizia da sola. Rappresentiamo la risposta a un problema, un argine».
Ma lei un muro come quello di Orbán in Ungheria lo tirerebbe su?
«Personalmente i muri e il filo spinato non mi piacciono. Però quello è un premier che ha saputo dire dei no all'Europa, alla troika, al Fondo monetario, e guarda caso è uno dei paesi che crescono di più».
Lei ha annunciato tre giorni di blocco del Paese, il 6,7 e 8 novembre. Di cosa si tratta?
«Chiamiamo tutti quelli che sono stufi di questo governo a protestare nelle forme che decideremo. L'obiettivo è far cadere Renzi».
All' atto pratico cosa significa?
«Faremo presidi davanti alle prefetture, alle banche, alle Agenzie delle entrate. Inviteremo a non acquistare i prodotti che finanziano lo Stato, le Cinque Giornate di Milano iniziarono così, con lo sciopero del fumo e del gioco. Lavoratori, artigiani, allevatori, agricoltori, tassisti, partite Iva, trasportatori, poliziotti, nessuno escluso».
Sarà uno sciopero generale targato Lega?
«Una serrata, più che uno sciopero. Insieme ai nostri sindaci e presidenti della Regione stiamo studiando anche il modo di rimandare il pagamento delle tasse».
Non le sembra una manovra eversiva?
«A questo punto, visti i numeri, è il governo che occupa abusivamente un posto che non gli spetta. Rimandare il pagamento delle tasse in certi casi non è eversione ma sopravvivenza. Ed è un appello collettivo che facciamo, anche ai 5 Stelle, ai Fratelli d' Italia, ai sindacati, alle associazioni di categoria».
L' autunno caldo, o anzi, i forconi della Lega.
«Sì, ma in modo costruttivo e strutturato. Non il casino tanto per fare casino. Una disobbedienza pacifica».
Non teme che una situazione del genere le possa scappare di mano?
«È il contrario. Organizziamo il dissenso con un obiettivo preciso, contro le reazioni di singoli che davvero potrebbero sfuggire al controllo. La gente più moderata possibile, oggi, è disperata».
Lei rivendica un "paese normale". Lo sa che era uno slogan di D' Alema?
«Certo, ma se è per questo mi piace anche "liberi e forti" di don Sturzo...».
Mettiamo che Salvini diventi premier. Qual è il primo provvedimento che adotterà il suo governo?
«L'abolizione della legge Fornero ».