Giovanna Casadio per “La Repubblica”
VIGNETTA VINCINO DAL FOGLIO RENZI BERSANI ABUSI SUI MINORI
«Discutiamo nel Pd prima di tutto, non è obbligatorio che ci sia sempre Berlusconi di mezzo». Alla vigilia dell’incontro di Palazzo Chigi, Pierluigi Bersani, che pure dice di volere mantenere un basso profilo, non può trattenere una battuta sull’Italicum: «Non va, non va - scuote la testa - non possiamo sommare nomine a nomine, poi cosa verrà, il Grande Nominatore... ».
E lo stato d’animo dell’ex segretario democratico è la cartina di tornasole di quello che accade nelle file del Pd dopo il faccia a faccia tra Renzi e l’ex Cavaliere, con la conferma del patto del Nazareno sia sul nuovo Senato che sulla legge elettorale. È la blindatura dell’Italicum a provocare una rivolta democratica.
Scende in trincea non solo “Area riformista”, la corrente che tiene insieme bersaniani, dalemiani, alcuni lettiani ed è capitanata dal capogruppo a Montecitorio, Roberto Speranza. Il malumore si estende a macchia d’olio. Gianni Cuperlo di Sinistra dem è lapidario: «Le liste bloccate sono irricevibili. E sono tra l’altro una delle ragioni che ha provocato lo scollamento dei cittadini dal Parlamento e dalle istituzioni. Il patto del Nazareno non vale se il Parlamento decide altrimenti».
Per calmare le acque sull’Italicum, Renzi avrebbe bisogno di un po’ di tempo, di lasciare passare l’estate. Ma Berlusconi ha imposto una accelerazione, un via libera alla trasformazione del Senato in Camera delle autonomie non elettiva, così come Renzi la vuole, a condizione di incassare in fretta l’accordo politico sulla legge elettorale così com’è. Niente preferenze, neppure collegi uninominali: è il diktat forzista.
Ecco che il nervo scoperto del Pd si fa dolente. Alfredo D’Attorre, deputato democratico, annuncia che c’è un nutrito drappello di parlamentari, anche di senatori, pronto a disobbedire. Pone un aut aut: «Non c’è accordo con Berlusconi su questo che possa tenere. Il via libera al Senato di non eletti è legato al fatto che si vada a una legge elettorale senza liste bloccate».
Il cerino è nelle mani di Renzi. Il vice segretario Lorenzo Guerini racconta ai dem che gli chiedono notizie più dettagliate, che sulle preferenze non si è approfondito. Fa intendere che comunque la risposta del leader di Fi è “no”. Berlusconi è disposto - spiega Guerini - ad aggiustamenti, ad esempio sulla soglia da alzare per accedere al premio di maggioranza. Stop. «Se si cambia, si cambia insieme », è il leit motiv uscito dall’incontro di Palazzo Chigi.
Non a caso, a mettere il dito nella piaga è il grillino Luigi Di Maio, in vista dell’incontro che il Pd ha fissato con i 5Stelle lunedì pomeriggio e al quale Renzi pensa possa essere presente Grillo. «Non ho informazioni, è una sensazione», ha confidato il premier-segretario. Di Maio appunto, sostiene che sarebbe stato bello lo streaming da Palazzo Chigi, tanto per vedere se Renzi e Berlusconi alla fine hanno parlato di preferenze. Una cosa tuttavia è certa per i senatori dem: se si tira la corda sull’Italicum e lo si ingessa «succede la rivoluzione nel Pd e pure nei piccoli partiti». Già il Nuovo centrodestra con Quagliariello e con Sacconi hanno dato l’alt: «L’Italicum va corretto ».
SILVIO BERLUSCONI A PORTA A PORTA DA VESPA FOTO LAPRESSE
Offrono così la sponda al dissenso democratico. Un asse potrebbe crearsi quindi al Senato tra i dem a favore delle preferenze, i 5Stelle e gli alfaniani. Anna Finocchiaro, la presidente della commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama, è molto cauta sui tempi.
angelino alfano pennarello argento
Ai colleghi del Pd che le hanno chiesto i tempi previsti dell’Italicum, ha risposto elencando il calendario dei lavori parlamentari: incardinare in commissione la legge elettorale si può, sapendo però che il via libera al nuovo Senato richiederà ancora un po’ di tempo, che dopo c’è la riforma della Pubblica amministrazione, i decreti in scadenza... Tempo che può essere utilmente impiegato per trovare mediazioni indispensabili. Maria Elena Boschi, la ministra delle Riforme, si è spinta a parlare di liste più corte, di 3 o 4 candidati, nell’Italicum. Niente di più. Ma nel Pd potrebbe non bastare.