Lodovica Buluan per “il Giornale”
Dovevano essere gli alleati con cui Matteo Salvini avrebbe ribaltato l' Europa e le sue regole. Il perno di una internazionale sovranista capace di rivoltare Bruxelles in tema di migranti, conti e vincoli, e magari di svuotare il Ppe. E invece, all' indomani delle Europee i potenziali «alleati» fanno marcia indietro.
Il premier ungherese Victor Orban e Horst Seehofer, leader dei cristiano sociali della csu, ramo bavarese della cdu di Angela Merkel, frenano sull' asse con la Lega. Anzi, il ministro dell' Interno della Germania, Seehofer, il più «sovranista» del governo tedesco, quello che per le sue posizioni intransigenti sui migranti aveva messo a rischio lo stesso esecutivo della cancelliera, sembra proprio voler chiudere la porta al suo omologo italiano: «Con Matteo Salvini una base di fiducia è difficilmente possibile», ha dichiarato in un' intervista all' agenzia di stampa dpa, rilanciata dai media tedeschi.
Il punto sono le alleanze del segretario del Carroccio in Europa: «Dopo che Salvini ha incontrato l' AfD (Alternative fur Deutschland, l' estrema destra tedesca ndr) e Marine Le Pen», ha detto Seehofer, «per me gli accordi politici con lui non sono più possibili. Almeno non al di là di ciò che è una normale cooperazione fra Paesi». Eppure, Seehofer era stato l' interlocutore di Salvini, mesi fa, per un ipotetico asse anti immigrazione tra Germania e Italia. Ben presto però, si era trasformato in un possibile boomerang per l' Italia e di fatto i rapporti tra i due si sono raffreddati. Salvini aveva rifiutato l' accordo che il tedesco chiedeva sui movimenti secondari dei migranti da respingere in Italia.
Ma la doccia gelata arriva dall' Ungheria. Dall'«amico» Viktor Orban. Gergely Gulays, capo dello staff del premier che col suo Fidesz gravita ancora intorno al Ppe, pur essendone «sospeso», avrebbe frenato in modo deciso: «Non vedo molte possibilità di collaborazione» con la Lega al Parlamento europeo. «Rispettiamo - avrebbe detto stando a diversi media - il vicepremier italiano e il risultato delle Europee, che ha reso la Lega il primo partito del Paese, ciò nonostante, non vedo molte possibilità di cooperazione a livello di partiti o in un gruppo parlamentare condiviso».
2. ORBAN SCARICA I SOVRANISTI
Gabriele Carrer per la Verità
Populisti terza forza al Parlamento europeo. È questa la missione a cui sta lavorando da alcuni giorni la Lega di Matteo Salvini sotto la regia del responsabile Esteri del partito, l' eurodeputato Marco Zanni.
La strategia che porterebbe l' Alleanza europea dei popoli e delle nazioni a superare i liberale dell' Alde passa per due nomi: quello del premier ungherese Viktor Orbán, da tempo corteggiato da Salvini forte della campagna del leader magiaro contro l' Ue e in particolare contro il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, e quello di Nigel Farage, fondatore del Brexit party, che con 29 seggi è il primo partito a Strasburgo insieme alla Cdu/Csu tedesca della cancelliera Angela Merkel.
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Ma se negli ultimi giorni quest' ultimo sembrava avvicinarsi all' orbita di Salvini e di Marine Le Pen, ieri qualcosa è cambiato. Come riportava La Stampa, l' euroscettico per eccellenza, l' uomo da cui è nata la campagna per l' uscita del Regno Unito dall' Unione europea, ha alzato la posta: vuole la leadership del gruppo, forte dei suoi 29 seggi contro i 28 della Lega. Altrimenti è pronto a rimanere a capo del gruppo Efdd (Europa della libertà e della democrazia diretta), lo stesso del Movimento 5 stelle.
Dal Carroccio si dicono ancora convinti di potercela fare, di poter superare quota 100. Anzi, quota 105, cioè il numero dei seggi dell' Alde.
Fonti leghiste confermano alla Verità le parole di lunedì di Zanni: «Vediamo di chiudere per la settimana prossima» con Farage.
L' Alleanza europea dei popoli e delle nazioni parte da 58 deputati: i 28 della Lega, i 22 del Rassemblement national della Le Pen, tre eletti dell' austriaca Fpö, tre fiamminghi di Vlaams Belang e due cechi di Spd. A questi vanno sommati i Veri finlandesi (due), il Partito del popolo danese (uno) e gli estoni di Ekre (uno) per raggiungere quota 62.
Salvini e Le Pen sono certi che a questi si aggiungeranno gli undici deputati della tedesca Alternative für Deutschland e confidano anche che possano arrivare altri sei eurodeputati dagli spagnoli di Vox e dagli olandesi del Forum voor democratie di Thierry Baudet. Così il pallottoliere segnerebbe 79. E se si riuscissero a sommare a questi 79 i 29 di Farage, ecco che l' Alleanza europea dei popoli e delle nazioni supererebbe l' Alde diventando la terza forza all' Europarlamento.
Molto dipenderà quindi dall' adesione di Farage. Perché se salta l' accordo con il Brexit party, Salvini e Le Pen rischiano di perdere alcuni pezzi pregiati del loro gruppo come Vox e Forum voor democratie, corteggiati anche dall' Ecr, il gruppo dei conservatori e riformisti di cui fa parte Fratelli d' Italia di Giorgia Meloni.
A questa formazione, di cui fanno parte tra gli altri i polacchi di Diritto e giustizia, sta guardando anche Orbán.
Il premier ungherese è ancora poco convinto di rimanere nel Partito popolare europeo nonostante gli sforzi di mediazioni del leader di Forza Italia Silvio Berlusconi. Ieri Gergely Gulyas, capo di gabinetto di Orbán, ha spiegato in conferenza stampa che non ci sono «grandi possibilità di una cooperazione a livello partitico o di gruppi parlamentari» tra Fidesz, il partito del premier magiaro, e la Lega.
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Alla fine però, Orbán potrebbe decidere di rimanere nel Partito popolare europeo per restare nel maggior gruppo a Strasburgo e influenzare le prossime nomine. A partire da quella del successore di Juncker. Qui il sovranista Orbán potrebbe correre in soccorso del liberale Emmanuel Macron, deciso ad affossare Manfred Weber, candidato del Ppe che non convince i leader di Budapest e Parigi per la sua vicinanza alla Merkel. Mossa che certo non dispiacerebbe a Salvini, che troverebbe in Orbán una preziosa sponda interna al Partito popolare europeo che in questi mesi tanto ha fatto per fermare l' avanzata della Lega.
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