Federico Fubini per il “Corriere della Sera”
Davide Ciferri, economista dell'energia, docente della Luiss e alto funzionario della Cassa depositi e prestiti, da poco meno di un anno ha scelto un'esperienza nuova. Si è candidato per lavorare al Piano nazionale di ripresa e resilienza, ha superato una selezione, è entrato in una lista di tre potenziali dirigenti e da lì è stato scelto dall'allora ministro Enrico Giovannini per un posto che prima non esisteva: capo dell'Unità di missione per il Pnrr di quello che oggi è il ministero delle Infrastrutture. Ciferri è diventato responsabile dei 25 miliardi di euro che il Piano riserva a quel settore.
Lo è ancora. Ha centrato nei tempi la riforma delle concessioni portuali e lanciato puntualmente tutti i bandi di gara per i progetti. Ma di recente ha notato un cambio: il fiume di email con i documenti di rilievo prima è diventato un rigagnolo, poi si è fermato; le convocazioni alle riunioni, anche. Improvvisamente è diventato dirigente fantasma con ufficio a pochi passi da quello del vicepremier, e ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini.
L AVANZAMENTO DEL PNRR A DICEMBRE 2022
Il caso Ciferri è il primo segnale di una rotazione di funzionari che, con il cambio di governo, andrà oltre i 40 istituzionalmente scelti dai politici. Il ruolo suo e degli altri capi di Unità di missione Pnrr in ciascuno dei ministeri non sono di vertice assoluto, dunque non dipendono dalla chiamata personale di un politico e non sono liquidabili per semplice volontà di questi.
Tanto più che il sistema di gestione (in burocratese, la «governance») del Piano è una delle riforme per legge sulla base delle quali l'Italia ha già ricevuto decine di miliardi da Bruxelles. Cacciare i vecchi manager del Pnrr e chiamarne di nuovi con un atto d'imperio equivarrebbe a mettere una soglia a cui si possono rifiutare i pagamenti per carta (come prevedeva sui Pos, fino quasi all'ultimo, la legge di bilancio): una controriforma del Pnrr, che avrebbe bloccato le erogazioni.
Salvini intanto si porta avanti a suo modo, isolando il funzionario che ha trovato al suo arrivo. Ma Raffaele Fitto, il ministro degli Affari europei responsabile del Piano, ha avviato un confronto con Bruxelles proprio per cambiare la «governance» (leggi: anche parte dei dirigenti) con una nuova norma e senza strappi. Non è in sé inconcepibile che i nuovi ministri vogliano persone di propria fiducia nei compiti più delicati del Pnrr.
Fitto la settimana prossima chiederà a ciascuno dei colleghi un giudizio sulla propria unità di missione e le situazioni sono varie: alla Giustizia sembra esserci stabilità e continuità di rapporti; a quello che oggi è il dipartimento Innovazione tecnologica di Palazzo Chigi l'arrivo del sottosegretario Alessio Butti di Fratelli d'Italia, al posto dell'ex ministro Vittorio Colao, è stato seguito da una serie ripetuta di dimissioni di alto profilo nell'Unità di missione (budget nel Piano, 33 miliardi).
Di certo Fitto confronterà i pareri dei ministri sui manager con i risultati di questi ultimi. Il ministro insiste a dire a tutti che la valutazione di ciascuno si farà sui risultati. Di certo qualunque forma di «spoils system» sulle strutture di gestione andrà coordinato con Bruxelles e inserita nel decreto su semplificazione e governo del Pnrr previsto nella seconda metà di questo mese.
Lì potrebbe esserci anche qualche sorpresa che riguarda la Ragioneria dello Stato, almeno nel Servizio centrale per il Pnrr: la parte dell'organismo del ministero dell'Economia che rendiconta la spesa dei quasi 200 miliardi di Bruxelles. Fitto si è convinto che quella costola della Ragioneria debba rispondere a lui, perché è lui ad avere la responsabilità per il Pnrr.
BIAGIO MAZZOTTA - RAGIONIERE GENERALE DELLO STATO
Per il ministro, quella struttura ha un ruolo essenziale in un progetto politico importante del governo. Ma Fitto opera da Palazzo Chigi e la Ragioneria, fortissima dei suoi poteri di far rispettare i vincoli costituzionali sul bilancio, è sempre stata parte della struttura del ministro dell'Economia.
Così il decreto di questo mese sulla «governance» del Pnrr potrebbe fare un passo già sognato a suo tempo dai sottosegretari alla Presidenza Gianni Letta (sotto Silvio Berlusconi) e Antonio Catricalà (sotto Matteo Renzi): portare almeno un po' della Ragioneria a Palazzo Chigi, toglierla all'Economia. Renderla un corpo meno alieno dal leader che, a turno, vola nei volubili sondaggi italiani.
RAFFAELE FITTO GIORGIA MELONI fitto meloni