Alessandro Oppes per “la Repubblica”
Era il sogno di Hugo Chávez: esportare il progetto bolivariano non solo nel Cono Sur, dove il suo messaggio ha fatto presa rapidamente, ma anche all’altro lato dell’Atlantico, nel territorio dell’antica madrepatria spagnola. Non ha fatto in tempo a vederlo realizzato ma, a tre anni dalla sua morte, un’incessante guerra di dossier dal contenuto ancora tutto da dimostrare cerca di provare la presenza della longa manus del “comandante immortale” nella genesi (postuma) della sua creatura iberica, Podemos.
pablo iglesias come obama yes we podemos
L’ultimo “scoop” sul presunto finanziamento illecito della formazione di Pablo Iglesias da parte di Caracas arriva con un bombardamento informativo lanciato in contemporanea dai giornali e siti web vicini alla destra e più ostili nei confronti del partito “viola”: Abc, Ok Diario e El Confidencial. Riportano con evidenza un documento del 2008, firmato dal ministro venezuelano delle Finanze dell’epoca, Rafael Isea, e controfirmato dallo stesso Chávez.
Uno scritto in cui si sollecita la prosecuzione per tre anni degli aiuti finanziari (già avviata nel 2003) nei confronti del Ceps, il Centro de Estudios Políticos y Sociales per il quale hanno lavorato alcuni tra i più importanti dirigenti dell’attuale Podemos: da Pablo Iglesias a Íñigo Errejón, Carolina Bescansa, Juan Carlos Monedero, Luis Alegre.
L’obiettivo? Ecco la “prova definitiva”, come la definisce Abc: non solo i servizi di consulenza al regime chavista, sempre ammessi da Iglesias e compagni, ma l’avvio di rapporti «con rappresentanti delle scuole di pensiero di sinistra, fondamentalmente anticapitaliste, che in Spagna possano creare consensi di forze politiche e movimenti sociali, propiziando in quel paese cambiamenti politici ancor più affini al governo bolivariano».
In sintesi: vi paghiamo per creare a Madrid un partito chavista. In tutto, fondi per 7.168.090 euro, concessi fino al 2010, cioè quasi il doppio rispetto a quella cifra di 3,7 milioni su cui lavora la polizia spagnola nella sua inchiesta su presunti finanziamenti illeciti a Podemos.
Il fatto è che quella collaborazione si conclude nel 2012, Chávez muore nel marzo dell’anno successivo - le sue spoglie riposano nel mausoleo allestito al Cuartel de la Montaña di Caracas - l’équipe di politologi della Universidad Complutense rientra a Madrid (i rapporti con il regime di Nicolás Maduro non solo altrettanto buoni che quelli stretti con il suo predecessore) e Podemos muove i primi passi con l’atto di fondazione solo nel gennaio 2014. La perfetta scelta di tempo nella diffusione di questi documenti “bomba” fa riflettere.
Domani è in programma il primo vertice a tre fra socialisti, Podemos e Ciudadanos, uno degli ultimi tentativi per arrivare alla formazione di un governo che eviti il ritorno alle urne (se la Spagna non avrà un esecutivo entro il prossimo 2 maggio, sarà automatico lo scioglimento delle Camere e la convocazione di nuove elezioni legislative per il 26 giugno). Per i popolari di Mariano Rajoy, che hanno visto frustrate le loro speranze di convincere il Psoe di Pedro Sánchez a formare una “gran coalición”, il ricorso al voto è ormai l’ultima speranza di conservare la poltrona della Moncloa. E infatti ieri sono subito partiti in tromba, a cominciare dalla vice-premier Sáenz de Santamaría, mettendo in guardia Sánchez e il leader di Ciudadanos Albert Rivera da inopportuni accordi con Iglesias.
Podemos, con un tweet del numero due Errejón, ricorda che «la giustizia ha archiviato già tre volte denunce per finanziamento illegale contro di noi». Ed è vero. Ma le accuse continuano a fioccare con insistenza. Tra le ultime, non più di tre settimane fa, un rapporto di origine incerta fatto arrivare dalla polizia alla Corte dei Conti, in cui si cerca di dimostrare un finanziamento illecito a Podemos da parte del governo iraniano attraverso la società di produzione televisiva Hispan Tv. Un documento «privo di indizi razionali» secondo la procura, che ne chiede l’archiviazione.
albert rivera leader ciudadanos