Luca Monticelli per “La Stampa”
Dal prelievo sugli extraprofitti delle società che in Italia vendono elettricità, gas metano, gas naturale e che commerciano prodotti petroliferi è atteso un gettito di circa quattro miliardi.
L'imposta contenuta nell'articolo 37 del decreto Taglia prezzi, approvato venerdì sera dal Consiglio dei ministri, prevede un'aliquota al 10% sul guadagno superiore a cinque milioni realizzato nel periodo 1° ottobre 2021- 31 marzo 2022 rispetto al saldo sugli stessi mesi però calcolato tra il 2020 e il 2021.
Il contributo straordinario non è dovuto se il margine è inferiore a cinque milioni. Nel mirino ci sono i grossi colossi energetici come Eni, Enel, A2A, Hera, Edison, Acea, Iren, Sorgenia, Shell, Ip. La tassa non è retroattiva, ma poco ci manca visto che il conteggio si effettua su operazioni iniziate cinque mesi fa e in scadenza fra dieci giorni.
Il faro Antitrust
L'imposta sarà liquidata e versata al fisco entro il 30 giugno 2022, tuttavia, per evitare che le società scarichino il costo della misura sui consumatori nei prossimi mesi, il decreto obbliga i soggetti chiamati a pagare il contributo a comunicare mensilmente all'Antitrust - da aprile a dicembre - il prezzo medio di acquisto e di vendita dell'energia, del gas e dei prodotti petroliferi.
L'Italia, che aveva già approvato un prelievo straordinario per tassare i profitti degli impianti delle rinnovabili, è tra i primi Paesi a deliberare una misura analoga per produttori e rivenditori di gas ed elettricità.
Una proposta che il premier Mario Draghi aveva avanzato già a dicembre, ma che poi era stata messa in stand by sia per problemi giuridici, sia perché si attendeva il via libera della Commissione europea che è arrivato una decina di giorni fa.
L'alt dei sindacati
I sindacati e gli ambientalisti definiscono «debole» il contributo che dovranno versare i big dell'energia. «Doveroso ma insufficiente, bisogna fare di più, alzando il prelievo e redistribuendo tutte le entrate extra», attacca il leader della Cisl, Luigi Sbarra.
Europa Verde definisce «incomprensibile e timida la decisione di una aliquota al 10%». Mentre Assopetroli minaccia lo sciopero, Confindustria esprime forte perplessità sul provvedimento: «Il calcolo dei cosiddetti extra profitti degli operatori che importano e realizzano operazioni di trading energetico, cioè sulla base di indici presuntivi sull'Iva, espone nuovamente e oggettivamente al rischio di impugnative costituzionali. Tutt'altro sarebbe stato un tetto nazionale al prezzo del gas sui contratti di import vigenti e sul loro prezzo reale rispetto a quello che si determina ogni giorno sul mercato spot».
Gli imprenditori accusano anche la norma del decreto sulla rateizzazione delle bollette per le aziende perché il meccanismo delle garanzie pubbliche non è immediatamente applicabile e genera indebitamento, «senza incidere sul reale problema del costo dell'energia per il settore industriale».
mario draghi in conferenza stampa 5
Infine, il taglio delle accise sulla benzina. Per ottenere un impatto più significativo sul prezzo finale alla pompa, Confindustria cita il Portogallo che ha chiesto all'Europa la riduzione dell'Iva di dieci punti.
Il provvedimento ha ripercussioni anche nella maggioranza. Il leader del Pd, Enrico Letta plaude alle scelte ma dice che bisogna essere pronti ad ulteriori misure. Da Forza Italia si chiede un intervento con uno scostamento di bilancio o con una spending review mentre Fassina (Leu) sostiene che si è stati «timidi» sugli extraprofitti e Crippa (M5s) chiede più coraggio sulle bollette.
Il salva-appalti
Tra le norme del decreto di venerdì, c'è un intervento per compensare i rincari dei materiali e dei prodotti energetici nel settore delle opere pubbliche. Il ministero delle Infrastrutture potrà anticipare per i lavori urgenti fino al 50% delle risorse, grazie al fondo presso il Mims.
È stata eliminata pure la penalità per le imprese che fermano i cantieri a causa degli aumenti dei prezzi e per la difficoltà di reperire materiali.