Massimo Cacciari per “il Fatto quotidiano”
Il Fatto: titolo estremamente ambizioso, poichè parlare del “fatto” non è descrivere una situazione nei suoi elementi “dati”, come sarebbe per un fisico descrivere ciò che risulta da una osservazione o un esperimento. “Fatto” è ciò che uno fa; parlare dei “fatti” significa dunque parlare delle azioni che gli uomini intraprendono (e queste azioni esprimono inevitabilmente intenzioni, e cioè progetti, idee, volontà, speranze e desideri tutto insieme).
LUIGI DI MAIO NELLA REDAZIONE DEL FATTO CON MARCO TRAVAGLIO
“Il fatto” è quanto di più soggettivo possa esistere e discutere dei “fatti” sarà perciò soggettivo al quadrato. Coerentemente Il Fatto è stato giornale schierato, partigiano e da leggersi proprio per questo. Tra i “fatti” ne ha prescelti alcuni, e logicamente quelli che corrispondevano alla sua idea del “fare”, e su questi ha insistito con proverbiale tenacia: la corruzione (in tutti i sensi) della prassi politica, la crisi dei fondamenti “morali ” del “fare” politica, le catastrofiche conseguenze per la sinistra di non riuscire a combatterla, ma anzi di finirvi spesso coinvolta.
LUIGI DI MAIO NELLA REDAZIONE DEL FATTO CON MARCO TRAVAGLIO
Tutto ciò delinea, come forse è noto, una “filosofia politica” assai lontana dalla mia, il cui significato è però incontestabile. Il Fatto aveva compreso molto bene che su questi temi si sarebbero orientati vasti settori dell’opinione pubblica e che il non affrontarli col necessario rigore avrebbe aperto territori immensi al dilagare di movimenti di protesta tali da poter costituire un fertile humus anche a forze di estrema destra.
La storia europea dell’ultimo decennio lo dimostra con chiarezza. Il Fatto vide anche che i 5 Stelle, al di là dei vaffanculo, costituivano un argine a questa deriva, e l’ha appoggiato con paterna benevolenza. Forse una critica più puntuale in certi passaggi avrebbe favorito una più rapida maturazione del movimento, lungi ancora dall'essere avvenuta. Ma ciò non toglie al merito di aver “collaborato” alla sua definitiva abiura del “contratto” con la Lega.
Credo che Il Fatto dovrebbe ora impegnarsi per delineare un quadro più di insieme, per indicare percorsi politici più “sistemici”, per incalzare tutte le forze politiche (ben oltre l’attuale governo) affinchè comprendano la necessità di riforme costituenti. La destrutturazione dello spazio politico è giunta a un punto tale che continuare con l’esercizio della semplice critica si è fatto troppo facile: non è più un “fare ”, non produce più “fatti”, ma si riduce soltanto a descrivere nudi “dati”
LUIGI DI MAIO NELLA REDAZIONE DEL FATTO CON MARCO TRAVAGLIO