Cristina Leo è la prima assessora trans d'Italia, responsabile delle politiche sociali del VII Municipio di Roma. «Nella storia italiana per trovare una consigliera trans bisogna tornare nella Bologna degli anni 90, poi c'è stata l'esperienza di Vladimir Luxuria e infine la recente elezione di Gianmarco Negri, il primo sindaco trans nel Comune di Tromello, vicino Pavia. Mi sto impegnando tanto, mi sento bene ed è una grande responsabilità».
Si sente un'«apripista» insieme alla presidente Monica Lozzi (M5s) che l'ha scelta per un ruolo tanto delicato. Il loro progetto è quello di aprire nel 2020 «la prima casa rifugio per persone trans dello stivale». Già portavoce del coordinamento Lazio Trans, Cristina Leo, di origini salentine, ha una laurea in psicologia e anche in passato si è occupata molto di diritti civili, approfondendo le tematiche transgender.
La casa rifugio «si rivolgerà a quelle persone - e purtroppo ce ne sono ancora tante - che per la loro identità di genere vengono respinte dalle famiglie e non sanno dove andare. Visto che il pregiudizio contro le persone trans non è ancora sconfitto e anche trovare lavoro è difficile, il nostro obiettivo è di fornire loro un porto sicuro, con assistenza psicologica e legale». L'immobile è già stato individuato, si trova in zona Morena, ed è uno di quelli confiscati alla criminalità.
Il piano per la precisione prevede una casa di semi-autonomia con spazi comuni e di socializzazione. L'idea è di ospitare poche persone per volta, quattro, per un periodo che potrà andare dai 12 ai 18 mesi. Se Cristina Leo ormai si definisce una ex 5 stelle («Sono uscita quando il Movimento si alleato con la Lega»), la presidente del municipio Lozzi è una pentastellata doc: «Vogliamo fornire a queste persone un sostegno psicologico e di accompagnamento all'autonomia - spiega la minisindaca -. Dopo la casa per le vittime di violenza puntiamo ad aprire questa nuova struttura nel 2020, dopo il bando».
Quanto alla scelta di una donna trans nella sua giunta, Lozzi chiarisce: «La conosco da un pò di anni, lavorava nel campo dei diritti civili ed è una persona competente, l'ho chiamata per questo: per lavorare sui diritti». «Se il Movimento fosse quello del VII municipio tornerei, ma a livello nazionale è tutto più complicato», confessa Leo. Che per ora, però, non pensa alla politica, ma ai progetti per il suo territorio: «Pubblicizzare in modo capillare il numero anti-violenza 1522; riprendere un progetto sperimentale volto a portare le testimonianze delle donne vittime di violenza nelle scuole; laboratori sulle emozioni».
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