1. SCONTRO SU FITTO NELL’UE E IN ITALIA FDI ANNUNCIA IL SÌ A VON DER LEYEN
Estratto dell’articolo di Antonio Fraschilla per “la Repubblica”
raffaele fitto foto lapresse 1
Il Parlamento europeo rinvia «a data da destinarsi» il voto su Raffaele Fitto come vicepresidente della Commissione guidata da Ursula von der Leyen. Si accende lo scontro sul commissario meloniano. Nonostante una audizione fiume durata tre ore e mezza e un discorso dai toni moderati e concilianti, con tanto di abiura del fascismo (forte delle proprie radici democristiane), Fitto non convince il gruppo dei socialisti di S&d, del quale fa parte il Pd, né la Sinistra e tantomeno i Verdi, che con socialisti, liberali e popolari formano la maggioranza che sostiene la Commissione.
I socialisti non vogliono per l’italiano la vicepresidenza, un braccio di ferro è in corso anche sulla spagnola Teresa Ribera: viene fatto slittare il voto su tutti i sei vicepresidenti indicati da von der Leyen. Si apre ora una difficile trattativa e Giorgia Meloni da Roma, assai irritata, se la prende con Elly Schlein.
ursula von der leyen giorgia meloni - foto lapresse
Fitto nel suo “esame” davanti al Parlamento europeo tiene un discorso a dir poco moderato, con l’accortezza di non citare FdI: «Non sono qui a rappresentare un partito politico o un Paese membro — dice — sono qui per affermare il mio impegno per l’Europa».
Il ministro apre su due argomenti che preoccupano Bruxelles, viste le prese di posizione del governo Meloni: lo stato di diritto come «valore fondante» e il Green deal, contestato dal governo italiano a partire dallo stop alla produzione di auto endotermiche dal 2035 («Condivido le linee guida della presidente von der Leyen»).
wopke hoekstra raffale fitto foto lapresse
Per convincere i socialisti, il candidato meloniano prende le distanze dell’estrema destra e da Viktor Orbán: «Non sono fascista e il mio ruolo sarà di equidistanza con tutti gli Stati membri». «Fitto schiva le domande sullo stato di diritto ed è tiepido sul Green deal», sostiene il co-presidente dei Verdi Bas Eikhout.
[…] Non basta però. «Se la sta cavando, ma restano domande a von der Leyen sullo spostamento a destra della Commissione nel suo insieme», dice dal Pd l’eurodeputato Dario Nardella. Certo non aiuta l’annuncio dei parlamentari di Afd: «Voteremo Fitto insieme al Ppe, la maggioranza di destra è il futuro», dice Alexander Jungbluth del partito di estrema destra tedesco.
Il sostegno delle destre unite — con il Ppe, anche Ecr, Patrioti, Afd — permetterebbe al meloniano di raggiungere la maggioranza e il sì alla nomina, ma mette in difficoltà von der Leyen e i popolari. Per lanciare un segnale che aiuti a sbloccare lo stallo, il capo delegazione di FdI Carlo Fidanza annuncia il voto favorevole alla Commissione von der Leyen, anche se i Conservatori sono fuori dalla maggioranza: «Le diverse delegazioni nazionali dell’Ecr valuteranno, ma Fratelli d’Italia voterà sì», dice Fidanza.
E anche Meloni prova a scalfire il no dei socialisti — tedeschi e francesi in primis — alla vicepresidenza a Fitto, sottolineando i dubbi che trapelano anche tra gli eurodeputati dem. «Trovo inconcepibile — scrive a sera sui social — che anche alcuni esponenti del Pd chiedano di togliere a Fitto la vicepresidenza esecutiva. Vorrei sapere da Elly Schlein se questa è la sua posizione ufficiale: sottrarre all’Italia una posizione apicale per mettere l’interesse del suo partito davanti all’interesse collettivo». […]
GLI EQUILIBRISMI DI URSULA MANO TESA ALLA DESTRA SENZA CAMBIARE COALIZIONE
Estratto dell’articolo di Claudio Tito per “la Repubblica”
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«Non posso togliere la vicepresidenza a Fitto». Ursula von der Leyen deve correre nel Palazzo del Parlamento europeo. La sua futura Commissione rischia l’esplosione. E deve convincere socialisti e popolari ad abbassare i toni e a ridurre le pretese. Nel pomeriggio — mentre sono ancora in corso le audizioni dei candidati vicepresidenti — il gioco dei veti incrociati, che sembrava solo una pantomima per accontentare l’ego e l’elettorato dei partiti, si trasforma infatti in una roulette russa. E i due proiettili inseriti nel tamburo della pistola politica brandita da Ppe, Pse e Ecr, sono pronti a colpire l’italiano Raffaele Fitto e la spagnola Teresa Ribera.
GIORGIA MELONI URSULA VON DER LEYEN
Tutto inizia di buon mattino. Quando il capogruppo del Ppe, il tedesco Manfred Weber, chiama i colleghi di S&D e di Renew per rimettere in discussione l’intesa chiusa la sera precedente che prevedeva l’approvazione contestuale di tutti i vicepresidenti per ieri sera o stamattina.
Una richiesta bocciata subito dai socialisti: «Il voto — ripete la capogruppo Iratxe Garcia Perez — non può slittare, si deve fare entro mercoledì». Perché? Perché Weber, pressato dai popolari spagnoli pronti a bocciare Ribera, li ha calmati accogliendo una loro esigenza: costringere la candidata spagnola a riferire al Parlamento spagnolo sull’alluvione prima del via libera europeo. [...]
I socialisti a quel punto alzano il tiro. «Il Ppe rispetti i patti, si voti tutto subito». E nello stesso tempo mettono nel mirino Fitto. Se Ribera può essere messa in discussione, allora la stessa sorte tocca al candidato italiano. Sul piatto ci finisce la vicepresidenza esecutiva assegnata al rappresentante meloniano. Il Pse ne fa una questione meramente politica. L’Ecr non fa parte della maggioranza politica, quindi non può essere vicepresidente. S&D chiede anche un riconoscimento politico a von der Leyen: una dichiarazione o un documento politico che ristabilisca i confini della coalizione che l’ha eletta a luglio.
A quel punto tutto si ingarbuglia.
La possibilità che gli eventi precipitino al di là delle effettiva volontà dei protagonisti, diventa concreta. La presidente della Commissione si precipita a Palazzo Spinelli. Parla con i capigruppo di S&D e Renew. Dopo, più riservatamente, con il suo connazionale Weber. Il quale, oltre al pressing degli spagnoli, rimarca un’altra necessità: evitare di formalizzare l’esistenza di una maggioranza di destra. Soprattutto ora che parte la campagna elettorale in Germania.
[...]
L’impasse non si sblocca. Per i socialisti non basta. Il nodo Ribera resta. Anche per i popolari. La presidente della Commissione cerca un’ennesima mediazione, i contatti proseguono nella notte. Deve fare in fretta. In primo luogo perché l’idea di far slittare tutto alla prossima settimana contiene un rischio altissimo: se i commissari non vengono approvati entro giovedì prossimo, non è possibile dare la “fiducia” all’intero collegio nella plenaria di fine novembre. Bisogna spostare l’appuntamento a dicembre.
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[...] L’altro problema è numerico: se ci fosse una forzatura, la sua paura sono i voti in aula. Senza i Verdi che contano cinquanta deputati e magari una parte di socialisti e liberali, il suo futuro diventerebbe più incerto. Anche con il sostegno di Ecr. La debolezza degli Stati membri che l’ha favorita in estate nella formazione di una commissione fatta a sua immagine e somiglianza, si sta rivelando ora una fragilità.
carlo fidanza raffaele fitto foto lapresse 2 MANFRED WEBER - PARTITO POPOLARE EUROPEO - PPE raffaele fitto foto lapresse 3