Carlo Bertini per ''La Stampa''
Trenta giorni vissuti faticosamente, per parafrasare un celebre film, quelli di Nicola Zingaretti alla guida del Pd. Faticosamente perché da un mese il neo leader rimbalza da un posto all' altro, parlando con tutti, dai segretari confederali agli europarlamentari Pse, dai fuoriusciti di Mdp, Il Movimento Democratico e Progressista, ai renziani come Lotti e Guerini, con i quali è franata la trattativa per una vicesegreteria all' ex braccio destro di Renzi. Tanto che Graziano Delrio viene confermato capogruppo e vicesegretario del Pd invece di Lotti sarà nominato la prossima settimana Andrea Orlando: ex guardasigilli e capo della sinistra che ha sostenuto Zingaretti al congresso.
Con lui alla vicesegretaria, forse, anche Paola De Micheli.
LANDINI ZINGARETTI PAOLA DE MICHELI
Tra una mano tesa agli scissionisti ex Pd per un accordo alle europee e una ai sindacati per recuperare consenso a sinistra, con il compito quotidiano di governatore da onorare, Zingaretti in questo mese ha dovuto affrontare una campagna per le regionali in Basilicata, finita con una sconfitta storica (la sinistra ha perso lo scettro dopo vent' anni di potere): ferita che brucia, lenita solo dalla risalita nei sondaggi settimana dopo settimana. Obiettivo il sorpasso sui grillini, traguardo vero che Zingaretti si prefigge per le europee del 26 maggio.
ZINGARETTI CALENDA SIMBOLO PD EUROPEE
Finora infatti il primo bilancio demoskopico del neo-segretario è un segno più. Nel senso di un Pd che segna accanto al suo simbolo nelle varie tabelle dei sondaggisti "più" del 20%: asticella psicologica da superare dopo il tracollo di un anno fa.
L' ultima rilevazione fotografa un piccolo exploit: un sondaggio Ixè vede il Pd salire al 22,6% e i 5Stelle calare sotto il 20, risultato su cui oggi Zingaretti metterebbe la firma.
Ma poi ci sono le spine: vita dura dentro il partito, con i renziani sempre sulle barricate sui social. Tanto che ieri al gruppo della Camera, al chiuso delle quattro mura della sala Berlinguer del primo piano, per la prima volta Zingaretti ha reagito puntuto agli attacchi. A Giacomelli, Parrini e Ascani che gli chiedevano conto e ragione della patrimoniale di Landini e a chi poneva veti sui posti in lista a Mdp, il segretario ha ribattuto piccato. «Se usiamo gli smartphone per scrivere tweet che alimentano una battaglia interna poi strumentalizzata dai 5 Stelle, allora non ci siamo proprio».
Della serie, se volete fare polemiche ok, ma sarebbe meglio evitare fino alle europee. «E della patrimoniale di Landini non ne rispondo perché non è una nostra proposta». Insomma, se pensate di fare campagna per mettermi in mora non andiamo lontano, questo il senso. Con una chiosa, «guardate che la Lega e la destra di Forza Italia litigano a Roma, ma poi stringono alleanze locali iper-competitive». Battuta interpretata così dai presenti: non mi attaccate sulle liste con gli ex Pd che portano voti, perché sui territori abbiamo bisogno di alleanze competitive.
Liste su cui ancora non si trova la quadra, così come manca ancora una proposta forte con cui connotarsi alle europee e alle comunali. «Per rilanciare la crescita e l' occupazione servono politiche economiche più espansive imperniate su grandi investimenti comuni», scrive il leader nella bozza di programma consegnata ai leader sindacali.
Nel fare un bilancio del primo mese di Zingaretti, i suoi sodali lodano il fatto che «si è passati da una gestione escludente ad una includente». Con tutto quel che di positivo può comportare in termini di voti.
andrea orlando e nicola zingaretti
Ma i critici gli imputano un sostanziale immobilismo, perché stretto tra troppe contraddizioni: tra la posizione sulla Libia di Minniti e gli attacchi della sinistra, tra il jobs act di Renzi e la patrimoniale. Zingaretti vorrebbe chiudere i giochi interni in fretta per lanciarsi senza nemici interni nell' agone della battaglia elettorale. Ma il no a Lotti si traduce in uno stop alla gestione unitaria che lo avrebbe messo al riparo. La prossima settimana nominerà una segreteria con dentro i due capigruppo renziani per dare un segnale di appeasement: ma non si sa se basterà ad evitare il fuoco amico.