Giampiero Mughini per Dagospia
Caro Dago, le volte che vado in tv a guadagnarmi il pane e mi trovo di fronte l’uno o l’altro “sovranista” cui le gote si gonfiano mentre pronuncia il termine “italiani” ho come un soprassalto. Lui pronuncia il termine “italiani”, e se potesse con la “I” maiuscola, a dire quelli che stanno dalla sua parte, quelli che come lui strisciano sui tappeti su cui Matteo Salvini poggia i suoi piedi, quelli che aspirano a un ruolo nella Tv “sovranista”, quelli che vorrebbero prendere i Paesi europei nostri cugini a sberle sulla testa e spendere a man bassa soldi che non abbiamo, quelli che “vogliono chiudere i porti”. Chiudere i porti ai disgraziati della Terra, altro che il Benito Mussolini che assicurava gli “italiani” del suo tempo che le imminenti forze da sbarco angloamericane sarebbero state bloccate “sul bagnasciuga”.
Sì, ho ogni volta un soprassalto a sentire l’abuso indecente di questo termine che di per sé non vuol dire nulla, a cominciare dal fatto che in Parlamento ci sono molti più “italiani” diversissimi da quelli che ho detto sopra e che in democrazia la matematica non è un’opinione. E che è da questi italiani che è nato un governo che non sarà sexy nemmeno un po’, ma che è del tutto legittimo. Alla faccia dei “sovranisti”.
Beninteso, mai e poi mai darei a “Salvini” del fascista. Farlo è da imbecilli. Non siamo nell’Italia del 1919-1922 e bensì nell’Europa del terzo millennio. E poi il fascismo italiano è stata una cosa seria, tanto è vero che lo copiarono in molti, a cominciare da Adolf Hitler, laddove nella topografia politica dei nostri giorni è molto difficile sceverare ciò che è serio da ciò che è grottesco. E beninteso questo vale per tutti i partiti e per tutte le congreghe, non solo per Salvini, il quale “ci fa” più ancora di quanto non “sia”. Mai, mai, mai costruirò un ragionamento o un’opzione politica a partire dal fatto che sia “contro” Salvini o che vada “contro” Salvini. E’ roba da mentecatti.
Ma torniamo al contenuto semantico dell’espressione “italiani”. Che vuol dire? Nulla di nulla. Non esistono gli “italiani”, esiste Tizio, Caio, Sempronio. Esiste Tizio che fa quel determinato lavoro e che paga quel tot di tasse e che cede il passo a una signora che gli si para di fronte. Esistono le persone e le centomila sfumature di ciascuna persona. A usare l’espressione “italiani” all’ingrosso sbatti il muso contro realtà avvilenti.
Gli italiani? Ebbene il 50 per cento di loro o forse di più non compra neppure un libro l’anno. Il 60 per cento o forse di più non è in grado di intendere appieno l’editoriale di un quotidiano. Il 30 per cento almeno sino all’altro ieri evadeva tasse le più elementari e le più innocue, tipo la tassa sul consumo delle trasmissioni televisive. Premesso che io condivido non oltre il 50 per cento del pensiero di Gad Lerner, erano degli “italiani” quelli che ho visto in un video del Fatto utilizzato da Dagospia, ossia quegli energumeni che sbraitavano o lo insultavano? No, direi piuttosto (a bassa voce) che erano una feccia. C’è una bella differenza. O no?
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Giampiero Mughini
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