Federico Rampini per “La Repubblica”
Dopo l’esplosivo nelle scarpe e nelle mutande, dopo le bombe nelle cartucce delle stampanti, arriva un nuovo allarme per i passeggeri. È il pericolo che a bordo di un volo diretto verso gli Stati Uniti s’imbarchi un terrorista con una “bomba invisibile”: un micro-ordigno trapiantato sottopelle. Sui dettagli tecnici della minaccia le autorità Usa mantengono il massimo riserbo. Ma l’allarme esiste, lanciato da Washington, e subito raccolto da diversi governi stranieri.
A Londra i controlli aggiuntivi sono scattati all’istante, provocando file e attese più lunghe per i passeggeri al momento dell’imbarco. E ci sarebbero «informazioni» riguardo a «una specifica minaccia di attacco all’aeroporto ugandese di Entebbe», già teatro del dirottamento di un aereo francese nel 1976.
UMAR FAROUK MUNTANDE BOMBA FERMATO
Due organizzazioni terroristiche basate in Siria sarebbero all’origine di questo nuovo piano per fare strage nei cieli. «La minaccia è di tipo nuovo — ha dichiarato un alto funzionario dei servizi di sicurezza americani alla tv Abc — ed è più paurosa di altri tentativi fatti in passato». Un esplosivo “non metallico”, trapiantato nel corpo dell’attentatore, potrebbe sfuggire a tutti i macchinari attualmente negli aeroporti. Per la stessa ragione però potrebbero essere impotenti anche i controlli di tipo manuale, le perquisizioni.
L’allarme diramato da Washington presso tutte le capitali straniere coincide in molti paesi con l’inizio delle vacanze e quindi con un periodo di punta per gli afflussi negli aeroporti. Le prime misure supplementari introdotte dagli inglesi sono state delle “doppie ispezioni”. Le compagnie Usa starebbero ripristinando il servizio di air marshal, agenti in borghese a bordo dei loro voli, che furono sperimentati dopo l’11 settembre.
La segnalazione venuta da Washington si accompagna all’identikit del nuovo terrorista: un cittadino di Paesi occidentali, provvisto quindi di un passaporto “rassicurante”, ma formatosi nelle milizie jihadiste vicine ad Al Qaeda in Siria, in Iraq o nello Yemen. Il segretario dell’Homeland Security (superministero degli Interni) ha dato direttiva negli aeroporti di «introdurre misure di sicurezza rafforzate negli scali dove arrivano passeggeri stranieri in voli non-stop per gli Stati Uniti». I più grandi sono gli aeroporti di New York, Atlanta, Chicago, Houston e Los Angeles.
Il primo precedente di un tentativo compiuto con esplosivi “anomali” risale a pochi mesi dopo l’11 settembre. Fu nel dicembre 2001 che il cittadino britannico Richard Reid tentò di farsi saltare per aria su un volo Parigi-Miami, con 100 grammi di esplosivo plastico nelle sue scarpe da ginnastica. Non ci riuscì, forse a causa del sudore che inumidiva l’esplosivo.
Reid fu catturato dai passeggeri e dagli assistenti di volo, processato e condannato all’ergastolo. Nel 2006 fu la volta di Abdulla Ahmed Ali, Assad Sarwar e Tanvir Hussain, i “terroristi liquidi” che cercarono d’imbarcare esplosivi dentro delle bevande gasate. Il leader del gruppo, Abdulla Ahmed Ali, aveva sviluppato una bomba con perossido di idrogeno che sfuggiva ai controlli di sicurezza negli aeroporti (in seguito le bevande vennero vietate).
Il giorno di Natale 2009 toccò al “terrorista delle mutande”, lo studente nigeriano Umar Farouk Abdulmutallab, intercettato sul volo Amsterdam-Detroit della compagnia Northwest. L’esperto saudita Ibrahim Hassan al-Asiri, colui che fu all’origine dell’esplosivo nelle mutande, è lo stesso che secondo la Cia avrebbe messo delle bombe nelle cartucce per stampanti, spedite su un volo cargo FedEx diretto dallo Yemen agli Stati Uniti. Sempre lui, ora avrebbe messo a punto le mini-bombe trapiantate nel corpo. Al-Asiri, secondo l’intelligence Usa, è membro dell’organizzazione terroristica che viene chiamata Al Qaeda nella Penisola arabica.