Paolo Tomaselli e Massimiliano Nerozzi per il Corriere della Sera
Colpo di testa o colpo di genio? La rivoluzione juventina arriva nel momento forse più alto nella storia del club bianconero, nel primo anno dell' era Ronaldo. Se si tratta di un riassetto aziendale per compiere l' ultimo salto che porterà la Juve al livello di Barcellona e Real oppure di un azzardo, soprattutto dal punto di vista sportivo, lo diranno ovviamente i risultati, sul campo e dietro la scrivania. E anche l' Europa calcistica guarda a Torino con grande curiosità, intravvedendo nel cuore della Juve una svolta stile Florentino Perez, padre padrone del Real Madrid, nella rivoluzione iniziata da Andrea Agnelli.
Di certo non è una soluzione naturale quella di rottamare a fine settembre Beppe Marotta, l' amministratore delegato dei 7 scudetti, premiato pochi giorni prima come «manager dell' anno». La trattativa e lo sbarco di Cristiano Ronaldo a Torino non sono il motivo del clamoroso divorzio. Tanto che invece di salire di grado, anche il direttore sportivo Fabio Paratici, braccio destro di Marotta dai tempi della Sampdoria e protagonista in prima persona della trattativa Ronaldo, potrebbe lasciare la Juve. A fine anno, o anche prima. Per lui, quella del Manchester United è più di un' ipotesi. Così come per Marotta potrebbe esserlo l' Inter, forse il posto più adatto per provare a «vendicarsi» del trattamento ricevuto a Torino.
Prima che il silenzio societario diventi assordante, oggi il presidente Agnelli dovrebbe parlare a Milano, ai margini dell' assemblea di Lega. Le uniche valutazioni sull' addio di Marotta finora sono toccate a Massimiliano Allegri, che dopo la vittoria sul Napoli non sembrava l' allenatore più felice d' Italia: «È il migliore, ci mancherà».
In nome del rinnovamento, del potere ai quarantenni (meglio se torinesi) e della programmazione sul lungo periodo, la Juve cambia pelle.
Il 25 ottobre l' assemblea degli azionisti sarà chiamata a rinnovare il consiglio d' amministrazione del club. Per oggi entro le 12, l' azionista di maggioranza (ovvero Exor, la holding della famiglia Agnelli) dovrà comunicare la lista con i nomi di chi entrerà nel Cda, che dovrebbe snellirsi e passare da 13 a 9 membri. Se ne andrà anche l' altro a.d. Aldo Mazzia, per completare un cambiamento radicale. Al suo posto, come «uomo dei conti» è in pole position Marco Re, attuale Cfo. Per quanto riguarda la parte sportiva, non è detto che ci sia la nomina di un a.d. e la suggestione Zidane, a qualsiasi titolo, è stata smentita con forza dalla Juve.
Ma quel ruolo (anche al di là degli incarichi formali) è ambito dal vice presidente Nedved, amico e consigliere di Agnelli, che così potrebbe sia colmare il vuoto lasciato da Marotta che rafforzare la linea del numero uno bianconero. Stefano Bertola, già in Exor e attuale «capo degli affari pubblici» potrebbe essere nominato direttore generale del club. Una curiosità: fu il superiore anche della stagista Chiara Appendino, attuale sindaco di Torino, che lo ringraziò nella sua tesi di laurea.
2. LIPPI: AGNELLI? HA FATTO COME FECE SUO PADRE
"La scelta non e' da condividere o meno, dobbiamo solo prenderne atto, nessuno sa perche' si prendono certe decisioni". Cosi' Marcello Lippi commenta l'addio annunciato di Beppe Marotta dai quadri dirigenziali della Juventus. "Quella bianconera e' una societa' che non si puo' dire che non sappia programmare, questi grandi gruppi prendono queste decisioni quando le cose vanno bene, nel momento di massimo splendore. Ed e' quello che hanno fatto loro - aggiunge l'ex ct della Nazionale, campione del mondo nel 2006 - Andrea Agnelli si sara' forse ricordato di quanto fatto dal padre: nel 94-95, dopo 10 anni che non si occupava di Juve, ha cambiato tutto e rifatto un ciclo vincente, prendendo me.
Il dottor Umberto e' stata una persona spettacolare nella storia della Juventus, erano dieci anni che c'era la supremazia del Milan di Berlusconi. Adesso nella testa di tutta la Juventus c'e' la ChampionsLeague". Sul club campione d'Italia, Lippi sottolinea che "c'e' cuore e si creano bei rapporti, che pero' non sfuggono alla mentalita' di programmazione di questi grandi gruppi. Ha una rosa di grande livello e i giocatori hanno capito che se vogliono far vedere quanto valgono al mondo devono stare in squadre con grandi campioni, magari giocando un po' di meno". (in collaborazione con Italpress)
3. ANDREA STUDIA DA FLORENTINO
Ivan Zazzaroni per www.corrieredellosport.it
Mi ha sorpreso la tempistica, non la separazione che di consensuale ha poco. Se fosse avvenuta mesi fa, a maggio, l’avrei considerata naturale, fatta a ottobre ha il senso della rottura fastidiosa. A quasi 43 anni, dopo una lunga serie di successi e l’evidente crescita sul piano politico (è presidente dell’Eca, l’associazione dei club europei) Andrea Agnelli ha deciso di fare da solo: rinuncia così a Beppe Marotta, l’amministratore delegato, l’uomo della gestione del quotidiano, dei rapporti con le società, le istituzioni e la stampa (filtri a parte); Marotta la cui figura sembrava indissolubilmente legata a quella di Fabio Paratici: uno, l’uomo dei numeri e delle relazioni; l’altro, il tecnico, lo specialista dello scouting. La coppia perfetta.
All’origine della separazione c’è un logorìo fisiologico: non c’entra l’acquisto di Ronaldo che fu una scelta condivisa da tutti anche se lo decise e perfezionò Andrea. Marotta era diventato per il mondo esterno l’ispiratore dei sette scudetti e delle quattro coppe Italia di fila, aveva conquistato troppo potere per un presidente giovane, sveglio e ambizioso che sta studiando da Florentino Perez.
cristiano ronaldo florentino perez
L’addio di Marotta è una “svolta epocale” per la Juve: se ne va il centromediano esperto, resta il giovane centravanti che difficilmente chiederà una mano a un altro centrocampista di ruolo. Avranno probabilmente più compiti e responsabilità le ali Nedved e Paratici. I grandi cambiamenti incuriosiscono sempre, questo più di altri.
Paratici paratici Florentino Perez