Giancarlo Dotto (Rabdoman) per Dagospia
“I morituri si salutano”. Scriverebbe Svetonio domani sera in tribuna stampa all’Olimpico. Quando si stringeranno la mano prima della partita, Rudi Garcia e Sinisa Mihajlovic dovranno inventarsi una peripezia dell’anima, qualcosa tipo un magheggio, per non trasferire nello sguardo lo sguardo tipico della vittima predestinata, quel presagio della fine che cogli anche nella bestia che sta per essere macellata.
Sarà più facile, ma non così tanto, per il ruvido Sinisa, il serbo che gioca a fare il duro e viene da terre e storie maestre. Meno facile per il delicato Rudi, un ragazzo francese dalla tastiera tutta garbo e nuances. Sarà anche uno sguardo solidale, il loro. Appesi al filo. Roma e Milan non possono più sbagliare. In libera frana rispetto alle attese che li vedevano tra scudetto e posto Champions. Reduci, l’una dell’incomprensibile, demoralizzante 3 a 3 con il Chievo, l’altra dallo stupro del sui amatissimo ex Donadoni.
Sta peggio Mihajlovic. Per due ragioni. Berlusconi non perde occasione per manifestare la sua idiosincrasia per l’ovale serbo. Pronto a stracciare il biennale firmato e una soluzione pronta in casa, con la promozione del fido Brocchi e la consulenza sovrana di Marcello Lippi. Se Berlusconi parla, Pallotta tace. Non per questo meno minaccioso. Anzi. Garcia non può che dire pubblicamente quello che dice: “Non ho bisogno di attestati pubblici da parte della società”.
BERLUSCONI MIHAJLOVIC GALLIANI
In realtà, un attestato pubblico (ma anche privato) da Boston sarebbe una manna. Una coperta calda in tanta Siberia. Tra Roma e Milano sono in tanti smaniosi di dare un calcio allo sgabello su cui penzola l’impiccato. La domanda è: chi salverà chi? E chi lo spaccerà? Storia fantastica o truce: Totti che rientra e salva Garcia o lo spaccia sbagliando un rigore al novantesimo. Di là. Boateng che debutta e subito decisivo. Nel bene o nel male.