«Bisognava giocare d'anticipo». Non un'accusa diretta, ma una moderata tirata d'orecchi a chi di dovere: a Giovanni Malagò non è piaciuto affatto l'atteggiamento del calcio italiano che, noncurante «dell'aumento dei contagi e delle previsioni dei numeri» nella nuova ondata di Covid-19, non ha preso le precauzioni adeguate.
Per esempio, limitando in qualche modo gli spostamenti dei calciatori per ridurre il rischio di nuove positività (dato anche il non esiguo numero di giocatori non vaccinati). «Andavano gestite anche le vacanze di Natale degli addetti ai lavori...», ha detto il presidente del Coni a Sky Sport 24. In altre parole, rinunciare una volta tanto alle Maldive non sarebbe stata una scelta malvagia.
La scelta della Lega Calcio di limitare a 5.000 persone la capienza massima degli stadi per le prossime due giornate di campionato (16 e 23 gennaio) è salutata con favore dal numero uno dello sport italiano: «La Lega ha fatto bene ad agire in tal senso. Si tratta di una decisione triste perché così si abbattono i ricavi dei club che sono già in grande difficoltà, ma del resto c'era il grosso rischio che il governo facesse calare dall'alto la sua decisione».
LA SPERANZA Quindi meglio poco pubblico (e trasferte vietate), che tornare all'epoca del calcio a porte chiuse. La speranza di Malagò è non assistere più alla mancanza di uniformità riscontrata negli interventi dei Tar (Tre hanno dato ragione alla Lega e uno no) e delle Asl (Una con 4 positivi accertati non fa giocare, mentre un'altra con 11 positivi sì). Interventi per colpa dei quali «si perde credibilità. Urge una norma che renda uniformi le decisioni prese dall'esterno». Nel frattempo è in allestimento un nuovo protocollo, «predisposto dalla federazione medico sportiva insieme al Coni. Poi chi organizza i campionati ha il diritto-dovere di prendere le proprie decisioni» Ma non esiste solo il calcio, poiché il Covid ha investito tante altre discipline. «Quelle che ci hanno fatto gioire alle Olimpiadi di Tokyo. Non dimentichiamoci di loro», il monito del numero uno dello sport italiano.
Malagò, riguardo alla possibilità di intitolare lo Stadio Olimpico a Paolo Rossi, sceglie la via della diplomazia: «Quando Roma e Lazio avranno un proprio stadio e l'Olimpico diventerà la casa della Nazionale, allora il mondo del calcio avrà il diritto-dovere di intitolare l'impianto a Pablito». Ma fino a quando non rivestirà esclusivamente un ruolo simile a quello di Wembley per l'Inghilterra, l'Olimpico rimarrà tale: «Non mi sembra che alcuno stadio teatro delle Olimpiadi abbia cambiato nome a favore di una persona. Non è materia di dibattito in Parlamento, o del Cda di Sport e Salute».
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