CARLO ANCELOTTI FLORENTINO PEREZ
Mario Sconcerti per il "Corriere della Sera"
Fino a questo momento tutte le grandi società europee hanno scelto tecnici sicuri, non di affermazione recente. Molti sono grandi ritorni come Ancelotti e Allegri, gli stessi Sarri e Spalletti, o come Mourinho in Italia. È come se il calcio si fosse fermato, se fosse scesa al minimo la voglia di sperimentare. È quasi scomparso l' allenatore giochista, ogni squadra si è messa dietro le spalle di tecnici sicuri, conosciuti nelle sfumature di gioco, nel carattere, nel modo di rapportarsi ai giocatori. La sperimentazione è già stata fatta.
L'anno e mezzo di pandemia ha portato il calcio in un territorio sconosciuto: nessuna preparazione estiva, dodici mesi pieni di stagione, 50 partite di campionato consecutive più le varie coppe senza avere idee delle conseguenze sul fisico. Ci sono stati tra i 60 e i 70 infortuni a squadra, quasi millecinquecento. Non ci sono più soldi, la fantasia può aspettare. È tutto questo ad aver riportato il bisogno di un usato sicuro.
Non tutto però va messo sul conto del virus. La concentrazione di ricchezza in Inghilterra sta trasformando la Premier in un laboratorio avanzato di calcio. Hanno messo insieme i migliori tecnici e possono scegliersi i migliori giocatori. Non hanno nemmeno i problemi economici che stanno mettendo in discussione il modo di vincere di Real e Barcellona, sei Champions in dieci anni, ma fondate su un mare di debiti.
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Questo dimagrimento spagnolo, aggiunto alla crescita inglese, ha cambiato il concetto di qualità nel calcio. La selezione è evidente, i giocatori molto tecnici rinunciano a saltare l'uomo, prendono lo stesso spazio con l'anticipo, il movimento, un pensiero di tempo diverso. Sta vincendo il concetto studiato del calcio, non più istinto, ma l' esasperazione di quello che si è e si può imparare a essere: rapidi, fisici, atleti che in grande fretta pensano. La prima dote del calciatore degli anni Venti è l' intelligenza, che è allenabile, specialmente alla loro età.
Per questo servono adesso allenatori esperti, perché sono gli unici ad aver lavorato molto su un metodo, ad avere almeno chiarezza, dei loro risultati. Ci sono però sfumature che diversificano ogni scelta. Quella più conservativa l' ha fatta l' Inter. Inzaghi è tra i miglior tecnici europei in quel tipo di gioco. È il conservatore dei conservatori. Ma questo lo porta a diventare quasi avanguardia.
Nella conservazione, è uno sperimentatore. In questo momento serviva questo. La Juve non ha dato invece la squadra ad Allegri, gli ha messo in mano l' intero settore tecnico, cioè il giudizio su ciò che è utile e ciò che si è fatto inutile. Questa è una scelta che parte dalla conservazione ma presuppone un cambio finale: gli scontri tra Allegri e Paratici, cioè tra chi allenava e chi comprava, sono nati per la diversità dei mestieri. Oggi sono entrambi nelle mani della stessa persona, Allegri vince o perde due volte. Manca un nemico, un colpevole preventivo.
È un fatto molto stressante. Lo stesso Sarri ha un sapore diverso, alla Juve c' è stato una specie di lavoro irrisolto che ha macchiato il senso di perfezione del suo gioco. Spalletti infine è oltre il tempo, due anni fermo nel calcio del virus ne valgono quattro normali.
Troverà un calcio molto cambiato. In conclusione, gli uomini tornano gli stessi, ma sono le situazioni ad essere cambiate per loro.
Sarà interessante capire i risultati della crisi sul mercato, come comprare chi. Gli scambi di cui leggo oggi con lunghi giri internazionali mi sembrano riscaldamenti muscolari di utopie. Vendere insieme tre grandi giocatori significa avere tempi lunghi quanto una due diligence, decine di milioni in lavori legali. Però il tempo è diverso, perché no? Non credo diminuiranno gli ingaggi. Se aumentano gli scambi e i costi zero, l' unica differenza la farà l' ingaggio. Sta tornando invece l' inevitabilità di vendere a un certo prezzo. Se ti danno 70 milioni, qualunque giocatore, non solo Hakimi, va venduto.