Luca Pagni per “la Repubblica”
Ci sono state misteriose dame in rosso e finanzieri dal curriculum altalenante. Così come hanno avuto un ruolo improbabili imprenditori in cerca di pubblicità e consulenti legali finiti sotto inchiesta per attività che poi così legali potrebbero non rivelarsi. E per non farsi mancare proprio nulla, è andato in scena anche l’annuncio di un pre-accordo di vendita per l’iperbolica cifra di un miliardo di euro, firmato sotto il sole agostano della Sardegna. Accordo poi rivelatosi niente di più di un foglietto di carta con qualche cifra scarabocchiata a mano.
Ci sono tutti gli elementi per un serial tv in cui non si lesinano colpi di scena — e ancor meno personaggi — nella vicenda che, incrociando mondo del pallone e affari, dovrebbero portare alla vendita del Milan dopo 30 anni sotto le insegne della Fininvest.
Colpa anche del personaggio Silvio Berlusconi, che nella vicenda — fin dall’inizio — ci ha messo del suo. Del resto, tutto nasce da una sua iniziativa per cercare un socio di minoranza che lo aiutasse finanziariamente per riportare il Milan tra le grandi d’Europa. In modo da fargli risparmiare qualche centinaio di milioni dopo aver speso più di un miliardo per vincere cinque Coppe dei Campioni.
MISTER BEE - LICIA RONZULLI - GERARDO SAGAT
Così, mentre una banca d’affari americana riceve il mandato per cercare soci in giro per il mondo, Berlusconi estrae il suo coniglio dal cilindro: il finanziere tailandese Bee Taechaubol, fondatore di una accademia calcistica, disposto a valorizzare il Milan — guarda caso — proprio un miliardo. In pratica, la metà di quanto lo prezza l’autorevole rivista economica americana Fortune.
Mr.Bee arriva per la prima volta ad Arcore alla fine del 2014. Di quel primo incontro si ricorda soprattutto la foto che lo ritrae accanto a un mappamondo antico della residenza di Berlusconi, in cui indica la posizione del suo paese natale. A far incontrare i due sarebbe stata l’ex europarlamentare di Forza Italia (ed ex infermiera) Licia Ronzulli, che da quel momento accompagna il finanziere asiatico nei suoi spostamenti in Italia.
Tra un viaggio e l’altro sull’asse Milano-Bangkok e fino al pre-accordo poi firmato nell’agosto di un anno fa, ad Arcore viene segnalato un via vai continuo di imprenditori orientali — e cinesi in particolare — tutti desiderosi di indossare la maglietta del socio di minoranza rossonero. Si è fatto il nome di Mr.Pink, al secolo Poe Qiu Ying Wangsuo, un magnate con un patrimonio di 3 miliardi di dollari grazie al business delle bevande al ginseng.
Più volte alla vendita del Milan è stato accostato anche il nome di Wang Jianlin, numero uno di Wanda Group, un conglomerato con decine di campi di attività che è diventato la longa manu del governo di Pechino nello sport in Europa dopo l’acquisto della società Infront, che gestisce diritti tv e l’immagine di leghe e nazionali (anche di quella italiana). È accaduto pure che la procura di Milano abbia aperto una indagine nei confronti dei responsabili italiani di una società di consulenza di Lugano, la Tax&Finance, scelta da Bee Taechaubol per la sua avventura italiana e utilizzata in passato proprio da Fininvest.
Dopo aver aspettato invano che arrivassero i soldi promessi da Bee — e prima di arrendersi alla cordata cinese — Berlusconi ha tentato anche la pista autarchica. Coinvolgendo nel rilancio del suo Milan imprenditori italiani di successo: si è fatto il nome dei Ferrero (che hanno sempre smentito), ma anche di Giorgio Squinzi. Pure il patron della Mapei si è detto non interessato. Anzi, con il suo Sassuolo potrebbe estromettere il Milan per un altro anno dall’Europa. Ma questa è un’altra storia, in questo caso solo sportiva.