Marco Bonarrigo per corriere.it
Apostrofare in palestra un gruppo di giovanissime atlete con gli epiteti di «ippopotamo», «vitello tonnato» e «cinghiale» non è mai stato un reato particolarmente grave per la Federazione Ginnastica d’Italia: meritevole di una semplice ammonizione per il Tribunale Federale, di 45 giorni di sospensione per la Corte di Appello, giudice di ultimo grado. Adoperare «comportamenti vessatori nei confronti di minorenni» e poi «colpirle sul braccio con una clavetta» è costato soltanto tre mesi di squalifica dall’attività di coach alla responsabile, poi tornata a bordo pedana ad allenare.
Per la credibilità della ginnastica italiana, travolta dagli scandali, domani si apre una settimana decisiva. Ma i precedenti di giustizia sportiva — scovati con fatica, perché la Fgi sostiene di doverli cancellare dopo pochi mesi dal suo sito per ragioni di privacy — lasciano molte perplessità. Il Tribunale Federale ha infatti sempre usato una mano a dir poco leggera con chi si è macchiato di comportamenti come quelli denunciati da decine di ragazze nelle ultime settimane: vessazioni sul peso, insulti, discriminazioni tali da «turbare la serenità psicofisica» di giovani atlete.
A differenza delle loro ex allieve che le accusano, le allenatrici dell’Accademia della Ritmica di Desio non dovranno affrontare la trasferta a Roma per difendersi. Verranno ascoltate da venerdì in Accademia dai tre procuratori federali, cominciando da Emanuela Maccarani, direttrice commissariata della struttura e tra i tecnici più decorati dello sport italiano. Giovedì i procuratori ascolteranno le atlete che attualmente frequentano la struttura come persone informate dei fatti, una mossa che — secondo alcuni — servirebbe a controbilanciare la testimonianza di chi ha lasciato lo sport e non è informato sulla situazione attuale. È pensabile che un’atleta in attività, nel giro della Nazionale, testimoni contro le sue coach? Nel frattempo le denunce si accumulano e si allargano: sarebbero una trentina quelle presentate solo alla procura penale di Brescia, relative ad episodi avvenuti in una palestra di Calcinato.
I precedenti, però preoccupano. L’unica sentenza sportiva ancora visibile sul sito federale è quella recente contro Martina Alicata Terranova, ex atleta di livello internazionale e ora allenatrice a Roma. Soltanto ammonita in primo grado perché le dichiarazioni delle minori erano «contrastanti», Alicata (che aveva dato dell’ippopotamo alle ragazze) è stata poi sospesa ma per soli 45 giorni in appello sfruttando l’attenuante della «professionalità tecnica ed educativa» mostrata con altre atlete. Nel caso della coach lombarda L.V. che nel 2019 aveva «adoperato metodi di allenamento gravosi e diffamatori» e «colpito sul braccio un’allieva» (dichiarazioni confermate da testimoni) la sanzione è stata di appena tre mesi perché — scrivono i giudici sportivi — «altre atlete hanno percepito scarsamente la gravità degli episodi e alcune famiglie hanno espresso apprezzamenti nei confronti del suo operato».
Ieri il consiglio federale della ginnastica ha indetto un’assemblea straordinaria per adottare «stringenti modalità di comportamento a salvaguardia degli atleti» dichiarando di volersi costituire parte civile in eventuali procedimenti giudiziari. Ma la rivoluzione dovrà cominciare subito, nel tribunale interno.
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