Gaia Piccardi per il Corriere della Sera
Te lo immagini a casa, nella villa di Wimbledon affittata per tutta la tribù, a comporre versi in rima o leggere Proust. E invece te lo ritrovi tra i vialetti del circolo, passo felpato e sguardo sornione, impegnato in un blando palleggio senza alcuna pretesa che sembri un allenamento e in una sessione di autografi con la consueta cortesia. «I compiti li ho fatti, non c' è più niente da studiare. Ho in testa una strategia, sono curioso di vedere se funziona».
Fare la storia richiederà muscoli, fiato, polso innanzitutto. La finale di Wimbledon (ore 15, Sky) contro il numero 1 Novak Djokovic vede Roger Federer sfavorito: 22-25 i confronti diretti (curioso: 8 in più dei precedenti con Nadal benché la rivalità con Rafa sia iniziata prima), 6-9 negli Slam, 1-3 nelle finali, 1-2 a Wimbledon.
Come se non bastasse a zavorrare il finalista di Church Road più anziano dal 1974 (Ken Rosewall battuto da Jimmy Connors a 39 anni), il Djoker ha vinto le ultime 4 sfide (tutte sul veloce). «Ho giocato con Federer un paio di finali epiche, qui. So cosa aspettarmi» minaccia il serbo, per nulla impressionato dall' impresa del rivale in semifinale con Nadal.
Eppure l' aura di magia che circonda il migliore, in assoluto e specificamente dentro la bolla verde di Wimbledon, lascia intendere che ogni miracolo sia possibile, oggi dentro il centrale, davanti a un popolo di federiani innamorati persi e acritici, inclusa la nobile coppia che si accomoderà per lui nel Royal Box: il duca e la duchessa di Cambridge, William e Kate.
La routine abituale, e non l' anomalia di una giornata con troppo o troppo poco tennis, è servita a Federer per ricordare a se stesso che il trekking non è finito con l' Himalaya Nadal.
C' è un' altra montagna da scalare per annettersi il 9° Wimbledon come Martina Navratilova: l' asticella, se possibile, si alza. Un destrorso dopo il mancino, un contrattaccante più moderno dopo il catenaccio aggressivo di Rafa, un avversario più giovane (37 anni contro 32), lontano 5 Slam (20 a 15) e con più futuro davanti rispetto allo svizzero dal meraviglioso avvenire alle spalle (da quanti anni lo diciamo?).
«Djokovic gioca più dritto, colpisce più piatto, si muove agile con una copertura totale del campo. Saranno necessari aggiustamenti tattici, rispetto a Rafa. Ma alla fine, in una finale secca di Wimbledon, conteranno le energie residue e la testa».
Allungare il match, ovviamente, non gli conviene. Il Djoker uscito vincente dallo scambio di 45 colpi con Bautista in semifinale non teme il sudore delle maratone. Ed è impensabile affrontare la faccenda con il serve and volley, perché significherebbe servire come un drago e volleare meglio dell' arcangelo Gabriele per tre set. Troppo, forse, anche per Federer.
La sensazione che possa essere l' ultima grande occasione di sedurre Wimbledon alla soglia dei 38 anni, unita all' energia di un luogo che conserva la memoria dei suoi giorni migliori, potrebbe essere un' arma in più. Comunque vada, chiunque vinca, sarà l' 11° Slam consecutivo conquistato da uno dei Big Three (Federer, Nadal, Djokovic), il 54° degli ultimi 65. L' onda lunga di una marea dentro cui è affogato qualsiasi tentativo di ricambio. Un' eterna restaurazione, perfettamente a suo agio nel tempio delle tradizioni centenarie.