Da gazzetta.it
Dia riceve palla sulla destra, si beve Osimhen rientrando proprio col piede destro e poi scarica il sinistro che gela il Maradona e tutta Napoli. Al minuto 84 la Salernitana pareggia il vantaggio di testa di Olivera, porta a casa un punto pesantissimo per la salvezza (espulso Sousa nel finale) e rinvia la festa scudetto degli azzurri che sprecano così il primo match point. Se ne riparlerà giovedì a Udine.
NAPOLI-SALERNITANA
Il destino non ha voluto che la data fosse il 30 aprile. Forse il dio del calcio si è infastidito per l’evidente forzatura cui abbiamo assistito in questi giorni. Con un teatrino di cui avremmo fatto volentieri a meno. Il dio del calcio ha affidato il suo disappunto al sinistro di Boulaye Dia che al minuto 84 ha gelato il Maradona e tutti i tifosi del Napoli nel mondo. Era tutto pronto per la grande.
“Era stato tutto apparecchiato”, per dirla alla Maurizio Sarri (che stavolta aveva ragione da vendere). E sembrava anche fatta. Perché la Lazio era crollata 3-1 a San Siro contro l’Inter e al minuto 62 Olivera di testa ha segnato quello che sembrava avere tutte le sembianze del gol scudetto. Non è andata così. Una piccola distrazione, il Napoli si è trovato scoperto a destra, Dia ha superato Osimhen e poi ha segnato alla Dirceu. Amen.
I calciatori e Spalletti non lo meritavano. Nemmeno i tifosi. Anche se, chiariamo, c’è da attendere giusto qualche giorno. Ora il Napoli ha 18 punti di vantaggio sulla Lazio a sei giornate dal termine. Se la Lazio mercoledì sera non batterà il Sassuolo, sarà scudetto. Altrimenti basterà pareggiare l’indomani sera a Udine. Adesso però, per cortesia, non toccate niente. Lasciate che il calendario faccia il proprio corso. Ogni forzatura può diventare nociva.
Come avrebbe scritto Gianni Mura, si è indignata la carta. Perché non bisogna mai esagerare. Non si calpestano i diritti altrui (quelli delle altre squadre, delle tv che hanno acquistato i diritti, dei cittadini che avevano acquistato il biglietto e prenotato treni, arerei e hotel per una partita che si sarebbe dovuta giocare di sabato) per un capriccio. Per allestire la festa. Come se l’evento fosse la festa. Come se solo a Napoli si festeggiasse. L’evento – ricordiamolo – è lo scudetto. L’impresa, l’impresa storica, la grandissima impresa, è aver vinto il campionato. La festa è un accessorio. Per quanto meraviglioso possa essere.
(...) Nulla può essere forzato. Lasciateci dire che ci siamo sentiti trattati da selvaggi. Duemila agenti, manco fossimo in un territorio a rischio. Ospedali da campo. E su, un po’ di buon senso. Si è perduto il senso della misura. E qualcuno, da lassù, ce lo ha garbatamente fatto notare. Ripetiamo: spiace per i calciatori, l’allenatore e i tifosi. È stato bello lo stesso ritrovarsi tutti insieme a sognare. Ma la prossima volta le istituzioni stiano al loro posto. Tranquille. Assecondino il destino.
Un’ultima osservazione. Visto che il calcio è comunque lo sport più popolare d’Italia, non guasterebbe che nelle istituzioni ci fosse almeno una persona che sapesse di cosa si parla. Come ad esempio quando si propone una festa il 4 giugno per uno scudetto vinto un mese prima. Il 4 giugno magari i temi saranno altri: il futuro di Spalletti, quello di Osimhen. Lo scudetto si festeggia quando si vince. Scudetto è quando matematica fischia, avrebbe detto il grande Vujadin Boskov. Che di fronte al tavolo istituzionale si sarebbe fatto una di quelle sue risate. Piene piene.