Fabio Postiglione per corrieredelmezzogiorno.corriere.it
Lo hanno visto passeggiare in strada, solo, indifeso. Perché Arturo, 17 anni, è un bravo ragazzo, frequenta il liceo Cuoco nella zona dei «Miracoli», la parte alta del rione Sanità a Napoli. E loro, il «branco» di minorenni impuniti, è proprio di quella zona. Forse lo avevano già visto qualche volta uscire da scuola e filare dritto a casa che dista dieci minuti a piedi.
Due giorni fa è stato lui la vittima predestinata della loro inspiegabile furia e il quartiere adesso si mobilita e ha deciso di reagire accogliendo l’appello della mamma, Maria Luisa Iavarone, che dal suo profilo Facebook ha chiesto una mobilitazione di massa per scuotere l’opinione pubblica: «Voglio che Arturo diventi il figlio di tutti i napoletani», ha scritto. Così in due ore gli amici di classe, il sindaco de Magistris, la Municipalità, le associazioni hanno organizzato un corteo per domani alle 10,30 dal liceo Cuoco del rione Sanità fino al luogo dell’aggressione avvenuta in via Foria, davanti alla caserma Garibaldi.
Movente e dinamica dell’aggressione
Con il passare delle ore diventano più chiari il movente e la dinamica dell’aggressione di lunedì pomeriggio che ha quasi provocato la morte del 17enne. Tre le coltellate: una al fianco, attutita dal giubbotto, una alla schiena, fortissima, profonda e che gli ha perforato un polmone. L’ultima alla gola: volevano «finirlo». La lama gli ha quasi trafitto la giugulare e si è fermata ad appena due millimetri, se l’avesse perforata Arturo sarebbe morto in pochi minuti.
I quattro aggressori sono stati fermati la sera stessa grazie alla testimonianza di una persona, che ha visto tutto e non si è trincerato dietro al muro di omertà aiutando senza esitazione la polizia. I quattro sono stati così bloccati da una pattuglia del commissariato Scampia che era in zona e sono stati portati in Questura, alla sezione Omicidi. Uno ha dodici anni, due tredici e un altro quattordici. I tre più piccoli sono stati «certamente» riconosciuti come i componenti del «branco», l’altro invece no. Sono stati fotosegnalati perché i loro volti saranno mostrati al ragazzo quando si sentirà meglio. I quattro non sono imputabili per la legge e per questo sono stati riaffidati alle famiglie.
Le segnalazioni al Tribunale
Ma se la vittima riconoscerà i minorenni come i suoi aggressori partiranno le segnalazioni al Tribunale dei Minori che manderà gli assistenti sociali. Erano le 17,30 di due giorni fa e Arturo doveva andare dal medico a ritirare un certificato. I quattro erano su una panchina e prendevano di mira chiunque passasse: donne, anziani, bambini, ma come ha raccontato il testimone, furbamente mai nessuno che si muoveva in gruppo.
Quando Arturo li ha visti ha provato a deviare il percorso ma era troppo tardi. Uno di loro si è avvicinato e gli ha intimato di tirare fuori il cellulare che aveva in tasca. Ma non era un tentativo di rapina, solo una scusa per farlo fermare. Il 17enne aveva capito che si stava mettendo male e ha accelerato il passo. È stato prima offeso, poi provocato con spintoni e infine accerchiato, picchiato e accoltellato. Uno di loro ha provato a sgozzarlo, senza pietà. Soccorso da una passante ha fatto appena in tempo a chiamare la mamma. Ieri un altro «branco» è stato intercettato e fermato prima che entrasse in azione nella stessa zona. Altri minori con coltelli in tasca.
Il testimone
«Avevano il volto coperto da cappucci. Sono saltati tutti addosso al ragazzo e hanno cominciato a colpirlo». A raccontare quei momenti terribili, in una intervista al Mattino, è Luigi D’Orta, un negoziante della zona che è intervenuto facendo fuggire i criminali e soccorrendo Arturo. «Quando sono uscito si è accasciato - racconta - con la mano si stringeva la gola. Tutto intorno c’era solo sangue. Non mi sembrava una rapina. Ha ragione la mamma: ha subito la violenza folle di gradassi che vogliono mettersi in mostra»
Il sindaco: «Emulazione della serie tv»
Il sindaco de Magistris è netto su alcune delle responsabilità legate a questo fenomeno: «La nuova stagione di Gomorra - ha detto a Radio Rai alla trasmissione «Un giorno da pecora» - non l’ho vista. Al di là dell’opera d’arte, su cui ognuno la può pensare come vuole, mi preoccupa molto, da sindaco, da genitore e da ex magistrato, l’emulazione che diversi ragazzi fanno nell’imitare i personaggi negativi quasi come se diventassero positivi o simpatici. Ne abbiamo parlato anche nel Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica. La sera dopo il serial aumentano anche le stese».
In ospedale
Intanto amici e compagni di classe fanno la spola al reparto di rianimazione del San Giovanni Bosco accompagnati dai loro genitori ininterrottamente da lunedì pomeriggio, da quando il «branco» di ragazzini è entrato in azione in via Foria. Con loro ci sono insegnanti e conoscenti, colleghi di lavoro della mamma Maria Luisa Iavarone, insegnate all’università Partenope, e del papà Vincenzo Puoti, ingegnere aerospaziale. «Abbiamo paura di camminare in strada, ma questo da sempre, da molto prima che aggredissero Arturo. Il rione Sanità, piazza Cavour, via Foria e via Duomo sono pieni di ragazzi che girano sugli scooter e ti mollano ceffoni per niente», dice una delle amiche di classe di Arturo mentre stringe la mamma al padre.
Facce note
«Li conoscono tutti e quando li vediamo cerchiamo di girare dall’altra parte. I nostri genitori ci raccomandano in caso di rapine di consegnare tutto quello abbiamo, soldi e cellulare, e di non reagire mai, neanche a parole». Ma a quanto pare non basta. Arturo è stato aggredito per nulla, con una scusa qualunque affiancato, picchiato e accoltellato. «Alcuni di loro frequentano la scuola media delle Fontanelle e scendono ai Vergini proprio per picchiarci, siamo delle vittime», dice invece un altro dei suoi amici di classe. «Arturo è stato vittima di uno di quei branchi, ne siamo sicuri». La mamma, la professoressa cerca di dare una spiegazione all’aggressione contro suo figlio. «Sono belve che volevano uccidere e lo hanno fatto perché speravano fare il salto, dimostrare alla malavita del posto che sono pronti per diventare affiliati e così hanno usato una violenza inaudita contro un bravo ragazzo - ha detto - Lo hanno colpito alla gola perché uno dei quattro ragazzi ha urlato di finirlo, di lasciarlo al suolo. Non voglio credere che consegniamo ai nostri figli un mondo così violento. Vorremmo una città che garantisse ai suoi figli di camminare indenni per strada e che avessero una idea di futuro».
Il papà: «Chi ha visto parli»
La donna, provata dal dolore che l’ha travolta, ritiene che sia importante che i mass media parlino tutti i giorni di quanto accaduto a suo figlio. «L’opinione pubblica si deve indignare perché il mio non è un dramma privato ma deve essere un fatto che riguarda la coscienza civile di tutti, dell’intera città. Aiutatemi in questa battaglia: non lasciamo che tutto cada nel dimenticatoio e che un altro ragazzo rischi la vita per nulla. Io non so se avrò la forza di restare in questa città, andrò via per mio figlio perché non so se troverà il coraggio di resistere e andare avanti. Si sentirà insicuro, avrà paura della sua ombra, di uscire di casa e noi non possiamo restare qui», ha detto. Il padre si commuove e dice: «Chi ha visto adesso parli. Lui è fuori pericolo ma poteva succedere a tutti». «Non molleremo mai - dice il questore di Napoli, De Iesu - Ci sono uomini che lavorano non solo in quanto poliziotti ma anche da padri di famiglia e questo è un valore aggiunto nello stimolo investigativo».